cronaca

Dopo il Cdm notturno Atlantia ha riguadagnato oltre il 20%
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Tutto si può dire dell’accordo tra governo e Autostrade, tranne che sia finalmente arrivata la punizione per i 'cattivi' Benetton. La complessa operazione societaria, che porterà lo Stato (tramite Cassa Depositi e Prestiti) ad assumere il controllo di Autostrade per l’Italia (Aspi) presenta infatti forme sostanzialmente collaborative, non ostili o punitive. Ne è immediata riprova il fatto che Atlantia, cassaforte dei Benetton, dopo l’annuncio abbia guadagnato in borsa oltre il 20%.


La soluzione individuata dal governo è dunque un bell’esempio di equilibrismo e di realpolitik, che però non ha avuto il coraggio di affrontare il nodo di fondo: l’infrastruttura autostradale, che è un bene primario di tutti i cittadini italiani, è stata gestita bene o male? 


Se il concessionario ha gestito bene non vi dovrebbe essere motivo alcuno per modificare gli assetti attuali. Questi, infatti, dovrebbero essere quelli che danno maggior vantaggio allo Stato e un qualche margine di guadagno anche al gestore privato. Se, invece, il concessionario ha gestito male, si dovrebbe arrivare ad un provvedimento sanzionatorio, togliendo la concessione ad Aspi e trovando un’altra soluzione di gestione che meglio tuteli l’interesse pubblico.


La soluzione proposta dal Governo non va né in un senso, né nell’altro. Si decide di far entrare lo Stato a fianco ai Benetton nella gestione delle autostrade. Ma perché? Qual è l’interesse pubblico ad una simile operazione? Chi risponderà per le mancate manutenzioni effettuate in questi anni? Quali sono i vantaggi che deriveranno allo Stato? Forse le autostrade saranno gestite meglio? Per dire ciò, bisogna prima riconoscere che fino ad oggi sono state gestite male. E questo il governo non ha avuto il coraggio di dirlo, per mille ragioni.


Anzitutto perché, in due anni di proclami, non è stato individuato un 'piano B', cioè una modalità alternativa alla gestione tramite Aspi. Poi perché l’eventuale fallimento di Aspi produrrebbe effetti negativi nei rapporti con le istituzioni europee (la BCE, ad esempio, ha sottoscritto vari bond di Aspi) e disincentiverebbe gli investimenti dall’estero. Ma, soprattutto, perché riconoscere la responsabilità di Aspi nella mala gestione delle autostrade significa inevitabilmente riconoscere anche la responsabilità del Ministero delle Infrastrutture e dei Governi che si sono succeduti: è il soggetto concedente, infatti, che deve vigilare sulle manutenzioni e autorizzare i piani di intervento del concessionario. Troppo facile addossare tutte le responsabilità ad Aspi.


La soluzione del governo è dunque prova del miglior gattopardismo: cambiare tutto per non cambiare nulla. E, soprattutto, non affronta i nodi cruciali relativi alle responsabilità nella gestione e non sembra porre le basi per una gestione futura nell’interesse dello Stato, cioè dei cittadini.