cronaca

Il ministro Patuanelli ammette "grande delusione"
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Acque sempre più agitate per l'ex Ilva. Dopo settimane di incertezze e semi-trattative, Arcelor Mittal ha svelato le carte al Mise: nel nuovo piano industriale 2020-2024 sarebbero previsti 4700 esuberi al 2023, di cui quasi 2891 allo stato attuale. Di fatto i 5mila tagli prospettati al governo, che con il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli ammette "grande delusione", perché "l'azienda ha fatto dei passi indietro". La reazione dei sindacati è veemente: il piano è respinto e giudicato "irricevibile", con uno sciopero negli stabilimenti ex Ilva il prossimo 10 dicembre.

Il teatro del nuovo round sul dossier è stato il Ministero di Via Molise, preceduto da una riunione tra il consulente del governo Francesco Caio, l'ad di ArcelorMittal Italia Lucia Morselli, i commissari dell'Ilva in amministrazione straordinaria e i rappresentanti del Mef. Al tavolo Patuanelli, Nunzia Catalfo (ministro del Lavoro), i sindacati al gran completo e l'azienda, che approfitta dell'occasione per svelare le nuove mosse industriali dopo l'annuncio del recesso datato 4 novembre.

Esattamente un mese dopo, però, la situazione rimane grave: i franco-indiani hanno perso 1 miliardo di euro nel 2019 e prevedono di aumentare la produzione di acciaio da 4,5 a 6 milioni di tonnellate solo nel 2023. Stesso anno in cui si prevede lo spegnimento dell'altoforno Afo2 e la messa in moto del forno elettrico: il tutto con una riduzione a 6089 occupati rispetto agli attuali 10.789. "L'azienda invece di fare un passo avanti ha fatto qualche passo indietro, ha ricominciato a parlare di 4700 esuberi a fine piano. Questa non è l'idea che ha il governo sullo stabilimento", spiega Patuanelli a fine incontro, ribadendo l'intenzione di puntare ad una produzione di almeno otto milioni di tonnellate, quasi il doppio rispetto ai numeri attuali.

"Non ci sono condizioni e margini per aprire il confronto per un accordo.
Si deve ripartire dall'accordo di un anno fa, con i livelli occupazionali e investimenti indicati dal piano del 2018", dice a nome di tutti i sindacati la segretaria generale Cisl Annamaria Furlan, che arriva a contare 6400 tagli ipotetici tra esuberi e mancati rientri al lavoro. Il governo ovviamente si aspettava tutt'altro incontro, visto che l'ultimo incontro a Chigi tra il premier Giuseppe Conte e i Mittal si era chiuso con un clima "costruttivo" e l'intenzione di provare a elaborare insieme una nuova strategia industriale.

E, anche se il Mise si dice "cocciuto e deciso ad evitare l'addio di Mittal, dai sindacati traspare pessimismo: per il leader Cgil Maurizio Landini il piano industriale "è un progetto di chiusura nel tempo di Taranto e dell'Ilva", mentre il segretario generale Uil Carmelo Barbagallo evidenzia come "non si puó iniziare una trattativa con questi numeri parlando solo di esuberi". La situazione, per usare le parole di Patuanelli, appare "stretta e in salita": il piano B del commissariamento potrebbe avvicinarsi sempre più.