Nel corso della sua carriera, spesso Mario Martone ci ha mostrato personaggi alla ricerca di un legame con le vite fugaci che sono loro sfuggite. Non fa eccezione 'Fuori', la storia - a tratti interessante a tratti autoindulgente - del viaggio poco ortodosso di una scrittrice italiana verso la libertà personale e creativa nella Roma dei primi anni '80. Sapienza Goliarda (interpretata da Valeria Golino) è diventata famosa dopo la pubblicazione postuma nel 1998, due anni dopo la morte, del romanzo 'L'arte della gioia'. Un successo di critica e di pubblico che la trasformò in una voce importante della letteratura italiana. Prima di allora aveva condotto una vita fuori dal comune, crescendo in Sicilia con genitori socialisti-anarchici, combattendo nella brigata partigiana del padre durante la Seconda Guerra Mondiale, recitando a teatro e al cinema (incluso un piccolo ruolo in 'Senso' di Visconti) e cercando di sbarcare il lunario durante anni di povertà come scrittrice in difficoltà a Roma, finché non finì per rubare i gioielli di un'amica trovandosi rinchiusa a Rebibbia per alcuni giorni.
La trama
Il film di Martone si concentra su questo periodo. Sebbene il suo ingresso in carcere sia un'esperienza umiliante riesce a stringere amicizia con due ragazze ma soprattutto con Roberta (Matilda De Angelis, l'altra ha il volto di Elodie), una rivoluzionaria politica con dipendenza da eroina, che assume un ruolo importante nella sua vita. Gran parte di 'Fuori' si svolge a cavallo tra passato e presente, con il primo che prende forma attraverso i ricordi di Goliarda del periodo trascorso a Rebibbia. Sebbene da Roberta la dividano età e ideali, le due si legano l'una all'altra: un'amicizia che col tempo si trasforma sempre più in qualcosa a metà tra una frammentata maternità surrogata e una reciproca perplessa fascinazione.

Uno sguardo su una donna dalla vita complessa
Martone, che ha diretto film prevalentemente maschili, si dimostra piacevolmente a suo agio nell'adattare il suo sguardo a quello che per lui è un universo completamente nuovo prediligendo uno stile accademico fin troppo sobrio: uno sguardo sottile e pacato a una donna importante in un momento curioso di una vita eccezionalmente complessa che si dipana come l'equivalente di un sospiro riflessivo e agrodolce, essenzialmente la storia di un’evasione che non avviene dal carcere, ma grazie al carcere.
Un'alleanza femminile
Sebbene la sceneggiatura sia liberamente tratta da diversi testi di Sapienza, la sua voce autoriale però non emerge in quello che per lo più equivale a un pezzo d'atmosfera alla deriva, episodicamente disordinato. Martone non è molto interessato a fornire un contesto storico, non siamo mai sicuri dell'angolazione del regista – se si tratti cioè di una storia d'amore, un risveglio politico o un'opera anti-carceraria – preferendo tratteggiare una rinascita creativa nata dalla solitudine forzata, uno studio sull'alleanza femminile forgiata tra ringhiere di ferro e segreti sussurrati, il ritratto di una persona difficile, spesso contraddittoria, in guerra con se stessa, che trova una via d'uscita dalla sua crisi solo grazie alla solidarietà delle ex compagne di cella.
Qualcosa di diverso da un film biografico
'Fuori' è ben lontano dall'essere un film biografico e mostra scarso interesse per il processo creativo della sua protagonista. La maggior parte dei film biografici letterari racconta come è nata l'opera più famosa di uno scrittore. Qui si racconta l'opposto, di una donna che l’opera più famosa l'ha già scritta e ora cerca di fare pace con le sue delusioni e di imparare a vivere liberamente all'interno della propria pelle. Non ci sono archi eroici né crescendo travolgenti. Ciò che 'Fuori' offre è qualcosa di più piccolo e differente: una meditazione sul fallimento, sul rifiuto e sulla silenziosa dignità di vivere – e creare – al di fuori dei sistemi che non ti hanno mai lasciato spazio.
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IL COMMENTO
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