Sarebbe potuto diventare un buon marinaio di cui aveva molti tratti distintivi a partire dal carattere schivo e introverso e invece Pietro Germi decise di abbandonare gli studi che seguiva all’Istituto Nautico di Genova (città dove nacque il 14 settembre 1914) che lo avrebbero portato al diploma di Capitano di lungo corso per trasferirsi a Roma dove si iscrisse al Centro Sperimentale di Cinematografia con l’intenzione di diventare attore. Lì invece, dove aver iniziato una carriera in questo senso che in qualche modo sarebbe continuata per anni, l’incontro con Alessandro Blasetti, allora già tra i mostri sacri del cinema italiano, lo portò a frequentare i corsi di regia decidendo che il suo destino sarebbe stato quello di stare dietro e non davanti la macchina da presa.
Appuntamento alla ‘Stanza del Cinema’ di Palazzo Ducale
A Germi a cinquant’anni dalla scomparsa avvenuta il 5 dicembre 1974 il Gruppo Ligure Critici Cinematografici dedica un appuntamento monografico della ‘Stanza del Cinema’ lunedì 9 dicembre alle 17.30 nella sala della Società Ligure di Storia Patria di Palazzo Ducale dove Anna Parodi e Andrea Borneto approfondiranno le tante tematiche relative ad un artista che tra neorealismo e commedia all’italiana ha lasciato un segno indelebile nella storia del cinema non solo italiano, amato da registi come Scorsese, vincitore di un Oscar per la sceneggiatura originale (Divorzio all’italiana) e con ‘Signore e signori’ Palma d’oro al Festival di Cannes dove fu in concorso sette volte.
La svolta nel 1961 con ‘Divorzio all’italiana’
Germi si fece notare già dalla sua opera prima, ‘Il testimone’ (1946), una sorta di thriller psicologico del tutto atipico per le caratteristiche del cinema di quel tempo, qualità che confermò in altri film come ad esempio ‘Un maledetto imbroglio’ tratto dal ‘Quer pasticciaccio brutto de via Merulana’ di Gadda. Fu però nel 1961 con ‘Divorzio all’italiana’ che arrivò la svolta che lo farà passare alla Storia come l’inventore della ‘commedia all’italiana’ affrontando con peculiarissimo cinismo la storia del barone Cefalù (Marcello Mastroianni) innamorato di una bellissima cugina sedicenne (Stefania Sandrelli) che per divorziare dalla moglie sceglie l’unico metodo possibile in quegli anni: il delitto d’onore inteso come unica soluzione per una società che non ammetteva la separazione legale tra due coniugi.
L’ultimo omaggio glielo regalò Mario Monicelli
Da allora continuò con tutta una serie di pellicole ironiche e impietose sulla società italiana dando vita anche ad un fortissimo contrasto con il Partito Comunista di allora e i suoi critici di riferimento (lui simpatizzante del Partito Socialista Democratico Italiano) per il contenuto politico di alcuni film come ‘Il ferroviere’. In ogni caso Germi resta un gigante del nostro cinema, tanto che l’omaggio più grande glielo riservò Mario Monicelli. ‘Amici miei’ che uscì nel 1975 sarebbe stato il suo ultimo film ma non riuscì a concluderlo stroncato dalla cirrosi epatica a soli sessant’anni mentre lo stava girando. Fu proprio Monicelli a proseguire il suo lavoro ma prima della scritta che lo indicava come regista volle che sulla pellicola comparisse la dicitura ‘Un film di Pietro Germi’ dandogliene merito e onore.
IL COMMENTO
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