E' il primo Oscar nella storia dell’Ucraina. Il 10 marzo scorso a Los Angeles '20 days in Mariupol' di Mstyslav Chernov, reportage dal fronte della resistenza contro l'invasione russa, ha conquistato la prestigiosa statuetta come miglior documentario dell'anno. Tratto da circa 25 ore di materiale registrato, è visibile fino al 7 aprile nella sala Filmclub del cinema Sivori (ore 18.15 e 20.30) nell'ambito della rassegna 'Mondovisioni – I documentari di Internazionale'.
Tutto nasce dal fatto che alla vigilia dell'invasione dell'Ucraina una squadra di giornalisti entrò in città. Nel successivo assedio, mentre cadevano le bombe, gli abitanti fuggivano e l'accesso a elettricità, cibo e acqua veniva drammaticamente interrotto, i reporter, unici rimasti, raccontarono le atrocità della guerra finché circondati dai soldati russi furono costretti a rifugiarsi in un ospedale. Le loro immagini, diffuse dai media mondiali, documentarono morte e distruzione smentendo clamorosamente la disinformazione russa. Di fronte a tanto dolore Chernov si chiese se filmare ancora potesse fare qualche differenza ma furono gli stessi cittadini di Mariupol a implorarlo di continuare affinché il mondo fosse testimone di quanto stava accadendo.
“Sono onorato – disse il regista nel discorso di accettazione dell'Oscar - ma potrei essere il primo regista a dire che vorrei non aver mai fatto questo film e che la Russia non avesse mai attaccato la nostra città e il nostro territorio. Voglio sia riconosciuto ciò che è stato fatto, vorrei che rilasciassero gli ostaggi e ringraziare non solo tutti i soldati che stanno proteggendo la loro terra ma anche i civili che sono rimasti feriti. Noi tutti possiamo fare in modo che questa storia venga raddrizzata, che la verità possa prevalere e che le persone di Mariupol non vengano mai dimenticate. Perché il cinema crea i ricordi e i ricordi creano la storia”.
IL COMMENTO
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