
A poche ore dalla conclusione della Mostra impazza come sempre il toto-Leone. Chi porterà a casa la prestigiosa statuetta? Teoricamente non dovrebbero esserci dubbi perché ci troviamo in uno dei rari casi in cui un film è nettamente superiore a tutti gli altri: ‘Poor things’ di Yorgos Lanthimos con Emma Stone è uno straordinario affresco femminista su una donna che ricostruisce se stessa da zero, e rigorosamente secondo le proprie regole. Questo vale sulla carta perché come sempre bisogna fare i conti con la Giuria che qui peraltro è composta da nomi d’eccellenza come i registi Damien Chazelle, Jane Campion e Martin McDonagh, vincitori di Oscar e Golden Globe. Un palmares però diventa spesso una questione di equilibri: a me piace questo film, a me piace quest’altro e per mettere tutti d’accordo si finisce per sceglierne un terzo inferiore agli altri due. D’altronde chi di noi non ha mai discusso con i propri amici sul ristorante dove andare a mangiare? Ricordiamoci poi che a decidere sono persone sì competenti ma di estrazione culturale differente, il che può complicare le cose.
Detto questo, è stata una Mostra discreta: dei ventitré film in concorso una dozzina per un motivo o per un altro non mi sono dispiaciuti. Tra questi, a parte ‘Poor things’, in lizza per il mio personalissimo Leone metterei anche ‘Green border’ della polacca Agnieszka Holland, ambientato al confine polacco-bielorusso che ci viene mostrato come luogo di un calvario apparentemente senza fine per i rifugiati; ‘Dogman’ di Luc Besson, turbolento e folle che salta avanti e indietro tra i generi: dramma psicologico ma anche thriller, horror, neo-noir, commedia d'azione e qua e là anche romantica; ‘Evil does not exist’ del giapponese Ryusuke Hamaguchi, dramma complesso e misterioso sul capitalismo aziendale che saccheggia l'ambiente e ‘Holly’ della regista belga Fien Troch su una ragazza che sembra avere la straordinaria capacità di portare conforto a chi ne ha bisogno. Non male neppure 'La Bete' di Bertrand Bonello, ‘Maestro’ di Bradley Cooper e ‘The killer’ di David Fincher ma penso rimarranno a mani vuote.
Degli italiani si salva soltanto ‘Io, capitano’ di Matteo Garrone. Come previsto all’inizio, sei film in concorso erano troppi ma quando si deve sottostare alle regole della Rai e di Rai cinema che ne ha prodotti cinque su sei cannibalizzando la Mostra in tutti i modi il risultato non può che essere questo. Ciò nonostante, al di là di eventuali altri riconoscimenti, ‘Io, capitano’ potrebbe portare a casa il Premio Mastroianni che ogni anno viene dato ad un giovane attore emergente, in questo caso il senegalese Seydou Sarr, a quanto pare tiktoker abbastanza noto, protagonista principale di un’odissea che porta due giovani a partire da Dakar per cercare di raggiungere l’Italia. E a proposito di Coppe Volpi per i protagonisti, faccio il tifo per il Caleb Jones di ‘Dogman’ e per Alba Rohrwacher, intensa e persuasiva in ‘Hors-saison’ di Stéphane Brizé. Certo, ci sarebbe la splendida Emma Stone ma una stupida regola tutta veneziana impedisce che i protagonisti di un film che vince il Leone d’oro possano ricevere la Coppa Volpi. E allora, tutta la vita che vinca ‘Poor things’.
IL COMMENTO
Il nuovo Papa mantenga lo sguardo di Francesco sui detenuti
Il lavoro al centro della battaglia elettorale, ma Genova non ha bisogno di promesse