La Questura può togliere il porto d'armi, anche per il fucile da caccia, a un uomo che litiga con la compagna anche per motivi, vicende e situazioni personali che non riguardano il corretto uso delle armi e che non hanno rilevanza penale. Lo ha deciso il Consiglio di Stato, che ha dato ragione a Questura di Savona e ministero degli Interni nel ricorso contro la decisione del Tar della Liguria, che in primo grado aveva invece annullato la revoca del porto d'armi.
Il Questore di Savona aveva tolto la licenza di porto di fucile sulla base di due relazioni degli agenti dell'ufficio prevenzione e soccorso pubblico che erano intervenuti per sedare la situazione di un "particolare stato di tensione e litigi in ambito familiare".
Il Prefetto aveva poi valutato che l'uomo con porto regolare di fucile "aveva assunto comportamenti" che avevano determinato un giudizio di inaffidabilità nell'uso delle armi", togliendogli la licenza.
"L'autorizzazione alla detenzione e al porto d'armi - spiega il Consiglio di Stato nella sentenza che accoglie la tesi di Questura e Viminale ribaltando la decisione del Tar della Liguria - postulano che il beneficiario osservi una condotta di vita improntata alla piena osservanza delle norme penali e di quelle poste a tutela dell'ordine pubblico, nonché delle regole di civile convivenza. La valutazione che compie l'autorità di pubblica sicurezza è caratterizzata da ampia discrezionalità e persegue lo scopo di prevenire l'abuso di armi. Il giudizio di non affidabilità è giustificabile anche in situazioni, come quella oggetto del ricorso, che non hanno dato luogo a condanne penali o misure di pubblica sicurezza, ma a situazioni genericamente ascrivibili a "buona condotta", nel caso anche a prescindere dai risvolti di eventuali querele riguardanti le vicende che hanno coinvolto l'appellato e la sua compagna. Gli episodi documentati dagli agenti sono elementi rilevanti e significativi che rendono non irragionevole la prognosi di inaffidabilità formulata da Questura e Prefetto"
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