Cronaca

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Finirono in mare 415 bare, 50 mai recuperate
2 minuti e 11 secondi di lettura
di Annissa Defilippi
Le cicatrici emotive lasciate dal crollo del cimitero di Camogli, dove il 22 febbraio 2021 una frana trascinò in mare circa 415 bare, segnano ancora l'immaginario collettivo. Eppure, per la Procura di Genova, quel disastro non ha messo in pericolo la pubblica incolumità.
 
Il pubblico ministero Fabrizio Givri ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta per frana colposa, che vedeva indagati gli ex sindaci di Camogli Francesco Olivari, Italo Salvatore Mannucci, Giuseppe Maggioni e i tecnici comunali Gianluca Solari e Maurizio Canessa. La decisione finale spetta al giudice, ma il procedimento penale sembra destinato a chiudersi.

La frana era evitabile

L’evento, che ha alterato per sempre il litorale di Camogli e sconvolto i familiari dei defunti, è stato analizzato in un’indagine complessa. Secondo il pm, l’area crollata era stata interdetta al pubblico il 21 febbraio 2021, e un’ordinanza della Capitaneria di Porto aveva chiuso lo specchio d’acqua sottostante, escludendo così un “concreto pericolo” per i cittadini. Una perizia del 2023, redatta dalla professoressa Donatella Sterpi del Politecnico di Milano e dalla dottoressa Francesca Franchi, ha stabilito che la frana era prevedibile dal 2008 ed evitabile fino a maggio 2019, ma le misure adottate alla vigilia del crollo sono state giudicate sufficienti a evitare rischi.

Le cause civili dei familiari

Il collegio difensivo, composto dagli avvocati Massimo Boggio, Emanuele Olcese, Gianluca Sacco e Guido Mottola, ha ribadito che i loro assistiti avevano contribuito a rendere inaccessibili le aree a rischio. “I provvedimenti di interdizione hanno escluso ogni pericolo,” hanno sostenuto, rafforzando la richiesta di archiviazione. Tuttavia, il capitolo penale non chiude il dramma: le cause civili dei familiari, che chiedono giustizia per le 365 salme recuperate pochissime identificate tramite analisi del DNA e per quelle mai ritrovate, restano aperte.Il rischio di crollo era noto da decenni. Già negli anni ’80, segnalazioni di fessure e crepe nei muraglioni erano emerse, seguite da studi geologici.

Il dossier dell'Università di Genova

Un dossier del 2008 dell’Università di Genova, poi approfondito nel 2014 da Pierluigi Brandolini, Francesco Faccini, Marco Firpo e Ada Lucchetti, descriveva il pericolo di frane rapide lungo le falesie urbanizzate tra Genova e Camogli. Un precedente episodio, nel 1989, aveva già colpito la zona, portando a interventi di chiodatura delle pareti. Nel 2015, una frana aveva spinto a investire 200 mila euro per rinforzare le rocce sotto il cimitero, seguiti da 470 mila euro di fondi regionali nel dicembre 2020. L’assenza di sensori di monitoraggio, installati solo dopo il disastro, è stata un punto critico, ma l’interdizione preventiva delle aree ha escluso responsabilità penali.
 
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