Nuove scintille al processo per l’omicidio di Nada Cella, la segretaria uccisa nel 1996 a Chiavari nello studio del commercialista Marco Soracco. Oggi, Soracco, imputato per favoreggiamento, ha rilasciato dichiarazioni spontanee, difendendosi con veemenza. Ha di fatto accusato l’ex capo della Squadra Mobile, Stefano Signoretti, di averlo interrogato nel 2021 con toni minacciosi, definendolo un "moralista di m..." per presunte reticenze su Anna Lucia Cecere, sospettata dell’omicidio.
Famiglia ricca e potente, la smentita di Soracco
"Sembra che ci fosse un'area di intimidazione, che la mia famiglia fosse ricca e potente, una famiglia di stampo mafioso e che intimidiva le persone. Non è così - ha detto Soracco rivolto alla Corte - La mia famiglia è stata sempre rispettata, onesta, però non è stata né ricca, né potente. Poi il fatto che mia mamma e mio zio fossero pezzi grossi della Democrazia Cristiana è un'altra falsità, al massimo sono stati segretari della sezione locale e basta poi si sono disinteressati alla politica. Oltretutto mio padre, che era un funzionario del comune di Chiavari, è mancato nel 1984, mio zio nel 1980. Quindi questa aria di 'cupola' personalmente la ritengo inventata così come i miei presunti contatti con la Curia".

Il fermacarte sparito dalla scena del delitto
Soracco ha ribattuto a quanto emerso nel corso delle testimonianze. A partire dal fermacarte, ritenuto dalla pm Gabriella Dotto una delle armi usate per uccidere Nada. "Faceva parte di un set da scrivania - ha detto in aula - ma io non ho mai usato un fermacarte. Aveva un feltro nella parte inferiore: se fosse stato usato sarebbe rimasto sporco". E poi su quanto dichiarato dal commercialista Bertuccio: "non era un mio amico, non gli avrei fatto rivelazioni private, le cose che riporta non hanno senso logico". Il professionista ha spiegato anche che quanto detto da Saverio Pelle - lo zio di Nada che aveva parlato di buste di soldi che giravano in studio - non sarebbe vero visto che "mi hanno fatto controlli, finanza e agenzia delle entrate, e non hanno mai trovato niente"
Il rapporto con la criminologa
"Per quanto riguardo la Pesce (la criminologa Antonella Pesce Delfino che ha fatto riaprire il caso, ndr), ho sempre avuto buoni rapporti, se avessi pensato che alzare il coperchio avrebbe fatto scoperchiare il vaso mi sarei comportato diversamente, invece sono stato io che la portavo in giro ad ascoltare le persone e ho sempre collaborato su tutto quello che ha fatto sia nei confronti della signora Cecere sia per altre persone e quindi, anche la mia reazione stupita quando la Pesce nominò la Cecere, era semplice meraviglia per non averla mai più sentita citare".
Le minacce verbali della polizia
"Per quanto riguarda quanto detto dal dottor Paoletti sulla mia presunta reazione quando si è parlato della signora Cecere, io all'inizio dell'interrogatorio pensavo di collaborare come persona informata sui fatti ma nel corso delle sei ore ho capito che diventavo indagato e accusato. Quando si è parlato della signora Cecere il tono si è molto alzato e mi veniva contestata qualsiasi cosa dicessi è a quel punto che sono un po' frenato, perché non capivo di cosa si potesse parlare. E il signor Signoretti, sospettava che la mia reticenza nel parlare della signora Cecere derivasse dal fatto che io avessi avuto una relazione con la Cecere e che, essendo una ragazza madre, avrebbe rovinato la mia immagine. In pratica, se avessi detto che avevo un relazione con una ragazza madre, la mia immagine sarebbe stata deteriorata. Mi ha dato del moralista di merda, più volte. Ma io non vivevo nel Medioevo. Considerando poi che io avevo ottenuto un avviso di garanzia per 14 mesi, sarebbe stato tutto nel mio interesse arrivare a una conclusione veloce della situazione. La reazione è stata verbale ma molto forte e ripetuta in seguito in Questura. Questo giustifica la mia reazione".
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