
"Al rientro dopo il turno di lavoro mi sono trovata Anna Lucia in casa mia con spazzolino e ciabattine, un colpo per un single come me...".
Lo ha detto davanti ai giudici della corte di assise il chirurgo Ermanno Favata, chiavarese con posto di lavoro a Cuneo. Una deposizione nel processo per il delitto di Nada Cella, quella del medico, che, parlando della sua amica Anna Lucia Cecere, imputata per l'uccisione della segretaria, ha permesso di ricostruire che la donna dopo essere andata via da Chiavari, alcuni mesi dopo il delitto del 6 maggio 1996, stava cercando ogni modo per accasarsi, che è poi il movente del delitto a dire dell'accusa sostenuta dal pm Dotto.
"Conoscevo Cecere da tempo e le avevo detto che se aveva bisogno potevo ospitarla a Cuneo, lei arrivò in ospedale mentre lavoravo, gli feci consegnare le chiavi di casa da un'infermiera e al rientro la trovati accomodata in casa...".
Ma il cuore dell'udienza di oggi è stata l'attesa testimonianza della criminologa barese Anna Lucia Cecere, la criminologa barese che arrivata per caso a Genova nel 2017, per un master all'Università e che nel 2021 ha fornito lo spunto alla squadra mobile per ottenere la riapertura del caso scovando nel mare di atti degli inquirenti la relazione che svelava che i carabinieri avevano sequestrato in casa di Cecere cinque bottoni uguali a quello rinvenuto sotto il corpo agonizzante di Nada Cella. Una relazione di cui gli agenti non hanno saputo nulla per 25 anni.
Il resto lo hanno fatto i poliziotti e il pm Dotto riavviando il nastro come se nessuno avesse mai indagato su quel delitto avvenuto nello studio del commercialista Soracco - oggi presente in aula - e riuscendo a fare rinviare a giudizio davanti alla corte di assise i due indagati.
L'avvocato Vernazza della famiglia Soracco ha provato a inficiare la testimonianza della criminologa, affermando che si era presentata agli indagati nascondendo identità e ruolo. Il giudice ha detto che questo non ha avuto effetto sul suo ruolo di teste sottolineando che la questione andava posta al momenti della presentazione della lista dei testi.
In aula è stato ricostruito che il 16 luglio del 2019 Delfino Pesce, andata a Boves insieme all'amica Sabrina Santamato (anch'essa oggi in aula in qualità di teste) raggiunse la casa di Cecere con il pretesto di una ricerca sul mondo della scuola visto che l'indagata aveva fatto la maestra. Subito Cecere era tranquilla, ma quando la criminologa fece il nome di Guglielmo Roda, ex fidanzato di Cecere, lei si era irrigidita. "Mi guardava di continuo". Alla fine comunque Delfino diede il suo numero di telefono alla donna. “Cecere poi mi inviò molti messaggi, quasi duecento in due giorni tra chiamate, vocali e messaggi”. Alcuni erano minacciosi, come quelli sentiti in aula.
La carta vincente di Antonella Delfino Pesce è stata al centro dell'udienza di oggi nel processo davanti alla corte di assise che vede alla sbarra Anna Lucia Cecere per l'omicidio e il datore di lavoro della vittima Marco Soracco per avere favorito la donna.
Importante per arrivare a questo il lavoro dei poliziotti e del pm Dotto che hanno riavviato il nastro come se nessuno avesse mai indagato su quel delitto avvenuto nello studio del commercialista Soracco. L'avvocato Vernazza della famiglia Soracco in aula ha provato a inficiare la testimonianza della criminologa, affermando che si era presentata agli indagati nascondendo identità e ruolo. Il giudice ha detto che questo non ha avuto effetto sul suo ruolo di teste sottolineando che la questione andava posta al momenti della presentazione della lista dei testi.
In aula sono stati e fatti sentire i noti audio dei messaggini telefonici con cui Anna Lucia Cecere ha tormentato la criminologa tanto che lei si è spaventata e ha installato delle telecamere di sicurezza attorno alla sua abitazione.
IL COMMENTO
Se la cultura cambia marcia con lo stesso regista di prima
I 14 giorni di Paroli per risolvere non solo il caso Spinelli ma per salvare il porto