Cronaca

La prima comunità di stranieri della città e della Liguria nelle vie del centro per solidarietà e gridare "no alla mafia della coca". Cecilia: "Parlando al telefono con mio fratello sentivo gli spari, la vita in Ecuador ora è una roulette russa"
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GENOVA -Una marcia per la pace e contro le violenze dei cartelli dei narcos della cocaina che hanno gettato nel caos il loro Paese: oltre mille ecuadoriani hanno oggi sfilato nelle vie del centro di Genova per gridare la loro solidarietà ai familiari e agli amici che stanno vivendo in un clima di grande violenza, con omicidi in ogni città che hanno trasformato una nazione fra le più sicure in una delle meno sicure del sud America. Una marcia per gridare paz, pace.

 

Preghiere, l'inno nazionale, la canzona dei cileni Inti Illimani simbolo di tutto il Sudamerica, "El pueblo unido jamàs serà vencido", tanti e sentiti i canti che hanno accompagnato la marcia che dalle 17 è partita da Caricamento e dopo avere percorso via San Lorenzo è giunta, illuminata da tante fiaccole, in piazza Matteotti. Ad organizzare la  manifestazione la  stessa comunità, come ha ricordato Ivonne Torres, la portavoce degli ecuadoriani in Liguria, che da sempre la più numerosa dei migranti di Genova, con oltre ventimila persone, prima molto concentrata a Sampierdarena, ora divisa in ogni quartiere. Tante donne, ma anche molti uomini, lavoratori che non si identificano dell'Ecuador della cocaina, come hanno detto più o meno tutti, badanti, professori, medici, molto personale paramedico che lavora negli ospedali o nella cura degli anziani, nelle case e  nelle Rsa, e poi tanti lavoratori dell'edilizia. Il popolo ecuadoriano ormai a Genova e in Liguria, è integrato e lo trovi ovunque, in ogni strato sociale.

La maggior parte arriva da Guayaquil, città portuale come Genova, solo che ha molti più abitanti, tre  milioni. Città portuale che per questo è centro d'affari dei trafficanti, che spediscono la droga verso l'Europa. Cittadini, quelli in piazza, con il cuore con i colori della loro nazione, giallo, giallo e rosso, ma tantissimi ormai cittadini italiani, fra di loro anche chi fa politica, con i Fratelli d'Italia, o anche Azione. Destra o sinistra, centro,  tutti contro i narcos e per la pace, come ha detto un prete di Certosa, Juan Ramos, anch'egli ecuadoriano, che ha invitato la comunità, molto credente e quasi tutta cattolica, a pregare, "abbiamo tanta sofferenza nel cuore per quanto è accaduto nell'ultima settimana, siamo qui in piazza per unire il nostro cuore ai cuori dei nostri cari che si trovano in Ecuador, oggi è  una chiamata alla preghiera per la pace". Una ragazza originaria di Milagros e in Italia da 21 anni parla apertamente di una guerra contro il narcotraffico, "una guerra  che vogliamo vincere per fermare questa  scia di violenze".

Gabriella Vargas ricercatrice, a Genova da 16 anni, siamo qui a protestare di una situazione che è conseguenza di uno stato indebolito da anni per colpa degli ultimi due governi che hanno dimenticato di sostenere le scuole, i più deboli, l'Università, noi che siamo all'estero siamo scesi in piazza per stare vicini alle nostre famiglia che vivono in Patria".

Jonny, anche lui di Milagros, invece è un tecnico che vive a Genova da 21 anni, "siamo qui per la pace perché siamo sull'orlo di una guerra civile, io sono preoccupato perché i miei familiari quando escono di casa rientrano o no".

Un'altra donna, Marisa, ingegnere commerciale in Italia da 15 anni, dice che "non si può permettere che questa guerra possa continuare", Cecilia, da 22 anni in Italia, "i miei familiari abitano a Guayaquil, martedì è stato bruttissimo, quando ho telefonato a mio fratello che insegna in una scuola sentivo in sottofondo gli spari degli scontri in strada e lui mi parlava salutandomi, come se avesse paura che quella potesse essere l'ultima sua telefonata, è stato molto brutto perchè la vita in Ecuador ora è una roulette russa...".

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