Cronaca

Chieste aggravanti futili motivi e l'odio razziale, "ha perso la testa per un gestaccio e urlato stranieri di m...". Gli avvocati dei 4 familiari chiedono risarcimento di oltre un milione di euro. Il difensore: "Quella pena si dà ai criminali incalliti"
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GENOVA - L'ergastolo. È la richiesta del pm Arianna Ciavattini per Evaristo Scalco (nella foto in alto stamane in aula), l'artigiano 63enne che la notte tra il primo e il due novembre di un anno fa uccise con una freccia l'imprenditore edile Alfredo Javier Romero Miranda (foto in basso), 41 anni, che si trovava nei vicoli del centro storico per festeggiare con un amico la nascita di suo figlio.

Per il magistrato l'assassino ha agito con le aggravanti dei futili motivi e l'odio razziale, "ha perso la testa per un gestaccio con il dito medio e urlato stranieri di m..., non risulta poi dalle immagini delle telecamere che, come ha affermato l'imputato, sia stato lanciato e fatto esplodere un petardo nella sua abitazione".

In aula anche le parti civili, la moglie, la sorella e due figli della vittima, che attraverso i loro avvocati Francesca Palmero e Jary De Felice, hanno chiesto una provvisionale di oltre un milione di euro.

È emerso nell'udienza davanti ai giudici della corte d'assise presieduta da Massimo Cusatti per il processo del delitto avvenuto in vico Mele, nel centro storico.

Per il pm Ciavattini Scalco va condannato al massimo della pena anche per il comportamento tenuto dopo il delitto, "per la totale assenza e noncuranza della vittima, perché lui era l'unico sapeva che cosa aveva lanciato e tanto è vero che l'unica cosa che fece fu quella di tentare di estrarre la freccia, e non chiamò i soccorsi, perché, ha detto in aula, tanto i soccorsi li aveva chiamati qualcuno altro, nessuno oltre lui fece questo ragionamento ed infatti ci sono state 20 chiamate al 112".

Il magistrato ha aggiunto, "anche se non è compito del pm dire quali effetti devastanti avrebbe provocato la freccia se non si fosse bloccato fra le costole, i medici hanno detto che non poteva essere estratta, ma se Scalco fosse riuscito a estrarre la freccia, avrebbe provocato ferite ancora più gravi, provocando una emorragia ancora più copiosa provocando la morte immediata di Romero. Lui voleva solo recuperare la freccia, non sapeva che era ripreso dalle telecamere. Erano le 24,15. Lui è sceso dopo tre minuti e mezzo, e la prima cosa che fece fu quella di andare contro l'amico Ayala, che cercava di impedire a Scalco di avvicinarsi all'amico.
Per quasi quattro minuti ha cercato di estrarre la freccia, poi è andato in casa a prendere gli asciugamani per tamponare la ferita". 

Nella prossima udienza parlerà l'avvocato dell'imputato, Jacopo Pensa, che ai giornalisti dopo la richiesta del pm ha anticipato quali potrebbero essere le linee della sua difesa: "Sono frastornato perché pensavo che l'ergastolo fosse una pena che meritano i criminali incalliti che vivono la vita sul delitto e sull'illecito, sulle stragi, sugli omicidi, che prendono i bambini e li mettono nell'acido, questo è l'ergastolo, che proporzione ci può essere fra una vicenda come questa estemporanea, capitata in una notte fra l'altro dove, posso dirlo? Ha giocato la sfiga che ha fatto passare questa freccia chissà da dove, perché lui dice volevo solo spaventarlo. L'aggravante razzista? Ma qualche razzista ma se ha la moglie argentina e ha passato tutta la vita fra i Caraibi e l'Europa".

L'avvocato poi spiega anche il comportamento di Scalco quando è sceso in strada e si è avvicinato alla vittima, "ha cercato di togliere la freccia per tentare di soccorrerlo non per cancellare le prove. Non ha chiamato i soccorsi? Ma certo, lui ha solo provato a soccorrere quel povero uomo, erano tutti fare i selfie, a filmare, voleva togliere la prova? Ma quale prova, era pacifico che fosse stato lui e quando sono arrivati i carabinieri lo ha subito detto".

Scalco ha ascoltato la ricostruzione del pm seduto al fianco del suo avvocato, apparentemente senza fare trapelare emozioni. Immobile. In aula, seduta fra i giornalisti, accanto ad un'amica, c'era la moglie argentina dell'imputato, una donna minuta e distrutta per le parole usate del magistrato.

Nella nella scorsa udienza Scalco si era difeso così: "Non volevo colpire nessuno ma solo spaventare quei due uomini che mi avevano gettato in casa un petardo. Con quella freccia intendevo centrare il vaso di fiori di plastica che c'è nel cortile e invece ho fatto la cosa più stupida della mia vita che mi  porterà addosso per sempre...".

Quella sera la vittima era in strada, in compagnia di un amico a chiacchierare, quando Scalco si era affacciato e gli aveva urlato insulti razzisti, perché uno dei due aveva orinato contro una saracinesca. Romero però gli aveva mostrato il dito medio e, secondo l'artigiano anche se questo è stato escluso dal pm, lanciato un petardo dentro alla finestra. A quel punto sarebbe stato colpito. Il dardo lo aveva trafitto dall'alto su un fianco perforandogli il fegato: era stato portato d'urgenza in condizioni disperato al San Martino dove era stato operato ma era per lui non c'era stato niente da fare, è morto 13 ore dopo.

Il tragico video della tragedia aveva colpito tutti ed era subito diventato virale

 

 

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