Cronaca

Il dirigente della sorveglianza di Spea poi svela: "Fu il nostro Ad a consigliarmi di registrare riunioni per avere le prove delle offese di Donferri"
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GENOVA - "Controllavamo ponte Morandi con ispezioni visive con i binocoli e dal 2017 anche con macchine fotografiche che usavamo dalle colline di Coronata e di Granarolo...".

Lo ha ammesso in aula al processo Morandi l'imputato Marco Vezil (nella foto a destra), ingegnere, dirigente genovese di Spea  per 21 anni responsabile con incarichi diversi della sorveglianza del viadotto Polcevera e del resto della rete autostradale ligure. Il dirigente ha ricordato "che per controllare la rete autostradale avevamo tre by bridge per per andare a guardare le parti alte dei viadotti".

Alla fine dell'udienza di oggi, che proseguirà domani, Vezil, assistito dall'avvocato del foto di Napoli Antonio Veropalumbo, ha svelato anche perchè nel 2017 perchè ha registrato le riunioni con i vertici di Aspi: "Me lo consigliò il nostro amministratore delegato Galatà per avere le prove delle continue offese sul suo conto del responsabile delle manutenzioni di Autostrade Donferri Mitelli. Vezil ha anche ammesso di avere consegnato gli audio a Galatà solo dopo il crollo del Morandi, aggiungendo: "Una volta in una riunione Donferri diede del cerebroleso all'ingegnere Bernardini, che si stava occupando del progetto di retroffitting. Lui si alzò e disse 'non ci sto più'. A quel punto venne messo in condizioni di andarsene e tornò a Firenze. Il suo posto lo ha prese Giacobbi".


Il dirigente della sorveglianza di Spea rispondendo alle domanda del pm Terrile ha confermato che non c'erano piattaforme o by bridge adeguati per controllare di persona le elevate sommità degli stralli del viadotto Polcevera. "Per questo nel 2017 feci acquistare sofisticate macchine fotografiche dotate di zoom molto potenti".

Vezil ad una specifica domanda del pm se avesse mai visto le foto delle sommità del Morandi scattate dai suoi operatori ha risposto senza rispondere, "credo che le foto siano state fatte", aggiungendo poi, "che per farle a Granarolo si passava da un sentiero dietro la trattoria I Cacciatori...". L'imputato ha specificato che i controlli visivi venivano svolti di notte grazie a dei palloni illuminanti che permettevano di avere una luce adeguata.

Successivamente alla domanda inevitabile del pm su come facevano a controllare il lato mare degli stralli del ponte dove non c'erano colline su cui posizionarsi, Vezil ha risposto che gli operatori operavano dalle strade sottostanti al viadotto, precisando che con le loro sofisticate macchine fotografiche si vede il massimo dettaglio anche a 900 metri di distanza. 

L'imputato ha aggiunto anche che fece anche acquistare delle aste telescopiche munite di videocamere capaci di arrivare negli angoli delle strutture come gli impalcati in cui non c'era lo spazio per fare passare un tecnico incaricato di monitorare.

Le affermazioni sulle ispezioni esclusivamente visive di Vezil contrastano con quanto ha riferito a più riprese dal commissario straordinario del ministero delle infrastrutture Placido Migliorino chiamato a verificare la rete autostradale ligure dopo la tragedia di ponte Morandi. L'ispettore, definito dai pm l'agente modello, ha sottolineato più volto che per effettuare delle ispezioni attendibili bisogna invece raggiungere di persona ogni punto della struttura da monitorare ed eventualmente scalpellare l'area da verificare per approfondirne le condizioni.

Il pm Terrile ha chiesto anche conto a Vezil della email che firmò nel settembre 2010, unitamente al suo collega Casini, su richiesta espressa dell'allora ad di Aspi Castellucci e tramite i dirigente Spea Galatà e Nebbia, il cui oggetto è la relazione predisposta e corretta da Malgarini in cui si attesta che sul viadotto Polcevera non esiste il benché minimo problema strutturale.

Relazione che Castellucci illustrerà poi ad Aspi per spiegare perché sugli stralli bastava
una mano di vernice, un ripristino conservativo, poi rinviato ma pure quello mai eseguito.

Vezil ha risposto che lui ricorda di avere firmato una versione diversa della lettera in cui non c'era la parte finale in cui si afferma che "non si ravvisa la necessità di interventi strutturali e quindi non risulta nessuna comunicazione al concedete". L'imputato incalzato ha poi spiegato: "La nuova versione l'avrò firmata senza accorgermi delle modifiche". Modifiche però, come ha sottolineato Terrile, che erano il nocciolo del missiva.

Parlando dei cassoni del viadotti, i piani carrabili dei ponti, Vezil ha detto di avere ricevuto la lettera di licenziamento, nel 2020, da Spea, perchè non ha fatto nulla affinché si accedesse nei cassoni del Veilino e Bisagno, "anche se io in realtà avevo fatto il mio dovere"-

Alla domanda perchè non sono mai state fatti sondaggi con endoscopie sugli stralli del Morandi che permettevano di controllare i cavi primari del ponte Vezil ha risposto che non è semplice per via della grande altezza della struttura e poi non c'erano lesioni esterne che giustificavano interventi di questo tipo, "dopo l'intervento degli anni '90 sulla pila 11 non avevamo avuto segnali di dissesto sugli stralli". 

 

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