GENOVA - Pur legato ai polsi e immobilizzato, il povero Abdalla quando ha capito che stava per essere ucciso dai suoi ex datori di lavoro ha provato disperatamente a difendersi assalendo e riuscendo a mordere e ferire Tito, uno degli aguzzini.
E' uno dei nuovi particolari che emerge dall'ordinanza di custodia cautelare firmata in sede di convalida dell'arresto dal gip Milena Catalano in cui trapela che dalle intercettazioni ambientali in caserma prima dell'arresto Mohamed AbdelGhani, Tito, 26 anni, e Ahmed Gamal Kamel, Bob, 27 anni, accusati dell'omicidio dell'ex dipendente della barberia di Sestri Ponente, stavano progettando di scappare in Egitto.
"Odio l'Italia", diceva uno di loro intuendo che la loro situazione stava precipitando. Non solo: Bob quando è stato fermato aveva addosso duemila euro, la conferma che i due avevano la disponibilità economica per fuggire.
Entrambi sono accusati dal pm Daniela Pischetola di omicidio volontario aggravato dai futili motivi e di soppressione di cadavere, a cui si aggiunge l'ulteriore aggravante della premeditazione. Con le aggravanti i due arrestati non potranno chiedere il rito abbreviato e rischiano l'ergastolo, il carcere a vita.
L'omicidio sarebbe avvenuto perché Abdalla aveva manifestato la volontà di andare a lavorare in un'altra barberia, a Pegli, gestita da un concorrente del proprietario, che dall'Egitto (per questo non è stato indagato) avrebbe minacciato telefonicamente di ritorsioni il titolare se avesse assunto Mahmoud.
Sullo sfondo c'è anche una storia di sfruttamento delle condizioni lavorative: il ragazzo ucciso si lamentava di lavorare molto e di guadagnare poco, circa 1200 euro. Per questo aveva deciso di andare via.
Lo volontà di Abdalla di andare a lavorare alla concorrenza è stato ritenuto una violazione del codice d'onore, perché lui si sarebbe portato appresso molti clienti, perche lui era il barbiere più richiesto dai clienti, il più empatico e gentile, oltreché molto bravo dal punto di vista dei tagli. La gip nell'ordinanza a proposito della mutilazione del cadavere, a cui è stata tagliata la testa e le mani, dice che “appare pianificata a priori ed era volta o a impedirne l'identificazione o per punirlo in modo ulteriore”.
I sommozzatori dei vigili del fuoco intanto continuano a cercare la testa del povero Mahmoud: “Cercate tra gli scogli, lì l'ha gettata Tito”, avrebbe detto Bob agli inquirenti.
Tito e Bob ora sono rinchiusi nel carcere di Marassi in celle separate e con il divieto di comunicare.
Gli agenti penitenziari hanno intensificato i controlli per evitare che possano essere aggrediti dagli altri reclusi egiziani o nordafricani: la giustizia ha tempi lunghi, ma per le leggi non scritte di chi sta in cella i reati commessi da Bot e Tito, primo fra tutti lo scempio sul cadavere della vittima, sono reati da infami, che vanno puniti. Per questo i due sono sorvegliati 24 ore su 24.
IL COMMENTO
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