GENOVA -"Controllavamo le autostrade transitando in auto a una velocità adeguata...".
L'ha detto il coordinatore dell'ufficio di Genova del Ministero delle Infrastrutture Andrea Bertagni, ingegnere genovese, che è il primo dei tre testi del Mit che sarà ascoltato nell'ultima udienza del processo Morandi prima della pausa estiva.
Le udienze riprenderanno l'11 settembre con gli ultimi testi dell'accusa e l'ascolto degli enti parti civili, regione Liguria e comune di Genova, poi nella seconda settimana inizieranno a parlare gli imputati.
Il principale dei quali, l'ex ad di Autostrade Giovanni Castellucci, ha sciolto la riserva e ha detto che parlerà. Con lui molti altri imputati eccellenti, tranne Paolo Berti, numero due di Autostrade per l'Italia.
La testimonianza di Bertagni esemplifica che l'ufficio locale del Ministero non svolgeva controlli sulle opere delle Autostrade come il Ponte Morandi ma si limitavano a verifiche collaterali e minori ("la segnaletica, l'altezza dell'erba, le buche sull'asfalto"), anche perchè l'ufficio era limitato sia nel numero di operatori, "eravamo in tre o quattro", che di mezzi.
Il racconto dell'ingegnere Mit riporta alla mente i controlli in auto svolti dai tecnici di Spea, l'azienda che avrebbe dovuto controllare Aspi, e che il più delle volte lo faceva con transiti in auto, come si ricorderà il noto video della spensierata ispezione della galleria Bertè effettuato transitando nel tunnel a velocità sostenuta e cantando le canzoni di Loredana Bertè.
Bertagni, il cui capoufficio Testa è fra gli imputati, ha letto in aula una nota in cui indicavano alle concessionarie, come Autostrade per l'Italia, che tipo di verifiche dovevano svolgere.
Il pm Airoldi allora gli ha chiesto, con tono duro, quali controlli svolgeva il suo ufficio, e se esisteva una nota che gli impediva di controllare le opere strutturali, visto che il teste aveva riferito di ritenere che le ispezioni strutturali toccavano a Spea. "Non avevamo professionalità per fare quel tipo di attività. Posso dire quello che dobbiamo fare e non quello che non dobbiamo fare".
Bertagni ha detto anche di non avere mai visto i report trimestrali dei controlli svolti da Spea. Il pm gli ha chiesto se ha mai chiesto di verificare questi report. Bertagni ha detto che il capoufficio Testa gli aveva detto che non era competenza dell'ufficio chiedere le schede di ispezione trimestrali. Il teste ha anche ammesso di non conoscere gli allegati della principale circolare del '67 che regola le verifiche sulle opere stradali e autostradali. Bertagni ha aggiunto che il suo ufficio aveva iniziato a fare attività di controllo sulle opere d'arte, ma poi ci erano fermati. "Noi ritenevamo che controlli strutturali spettassero alla direzione generale del Mit di Roma e poi non avevamo il personale specializzato per farlo".
Risposte che hanno sorpreso lo stesso presidente del collegio dei giudici Paolo Lepri che ha posto una serie domande al teste: "Ma quando transitavate in auto sulle opere d'arte vi tappavate gli occhi? Come pensavate che la direzione generale facesse controlli strutturali sulle opere d'arte? Ha mai visto qualcuno delle direzione? La pavimentazione non era di vostra competenza? Quelli di Roma non vi considerano neanche?". Bertagni ha farfugliato alcune parole, di fatto senza rispondere.
L'avvocato Pierluigi Ciaramella, difensore di Carmine Testa, responsabile dell’ufficio ispettivo territoriale (Uit) in Liguria del ministero dei Trasporti, per sottolineare l'inadeguatezza dell'ufficio del suo assistito ha chiesto a Bertagni se era a conoscenza di alcuni rilievi, fra cui quelli dell'ingegnere Morandi e della relazione di Zannetti, che già negli anni '80 e '90 avvertivano dell'ammaloramento strutturale del ponte Morandi e della necessità di controlli urgenti. Bertagni ha risposto no a tutte le domande. Insomma l'ufficio locale che doveva controllare la rete autostrade ligure non era a conoscenza della memoria e degli ammaloramenti di Ponte Morandi: davvero incomprensibile.
In aggiornamento
IL COMMENTO
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