Cronaca

Calzona, il marito, iniziò a preoccuparsi tanto da proporre di andare via da Genova. Dopo l'escalation di episodi "continuavo a dire 'denunciate?', ma loro lo giustificavano, dicevano che era malato"
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GENOVA - "Io avevo paura che Alberto potesse fare del male a noi e a mio figlio ma dai genitori di mia moglie c'erano sempre giustificazioni sul suo comportamento".

Lo ha detto in aula davanti ai giudici della corte di assise Gianluca Calzona, marito di Alice Scagni, la giovane mamma uccisa con quasi venti coltellate dal fratello il Primo maggio 2022 sotto casa a Quinto.

Calzona ha ripercorso l'inizio delle minacce da parte del cognato fino al giorno dell'omicidio  e lo ha fatto senza mai pronunciare il nome di Alice, come a non volere prendere atto della tragedia che gli ha strappato la compagna e la mamma di suo figlio, Alessandro, che poco più  di due anni: "Non sembravano minacce dirette - ha detto - ma si capiva che lo erano. Quella sera, dopo che ho visto dalla finestra mia moglie che stava urlando ho chiamato i soccorsi e sono rimasto al telefono con loro. Non appena è arrivato mio padre gli ho dato il bambino e sono sceso. Ho preso un coltello perché temevo che Alberto volesse entrare in casa per far del male a nostro figlio. Quella sera volevo portare fuori io il cane - ha raccontato Calzona - ma mia moglie aveva insistito. Al mio 'sei sicura?' ha risposto 'non ho paura di mio fratello'. Le chiesi se pensasse che fosse sotto casa e lei mi ha detto 'no' ed è uscita".

Il marito di Alice ha detto che la moglie "era il collante di quella famiglia. Faceva da tramite con tutti ogni volta che c'era un problema. Non voleva mai scontentare i genitori soprattutto la madre che la faceva sentire in colpa se si mostrava preoccupata per le condizioni di Alberto". Dopo l'escalation di episodi contro la nonna (serratura bloccata, continue richieste di soldi, porta incendiata) "continuavo a dire 'denunciate?', ma loro lo giustificavano, dicevano che era malato".

Calzona iniziò a preoccuparsi tanto da proporre di andare via da Genova. "Avevo ordinato un estintore e verificato se fosse possibile montare una telecamera sullo spioncino: i famigliari non volevano denunciarlo ma io lo avrei fatto se avesse provato a venire a casa nostra".

L'epilogo arriva il primo maggio, quando Alice viene ammazzata dal fratello sotto casa sua, a Quinto.

"Mia moglie non mi disse nulla delle minacce. Sapendo che ero il più duro su questa cosa il giorno prima non mi aveva neppure detto della porta bruciata a casa della nonna. Il giorno dopo l'omicidio mia suocera mi disse due cose: 'Abbiamo sbagliato perché abbiamo protetto la nonna e non Alice' e poi 'Perché l'hai fatta uscire?' da quella domanda ho capito che pensava sapessi delle minacce ma non ne sapevo nulla".

All'udienza di oggi davanti alla corte d'assise presieduta dal giudice Cusatti era prevista anche l'audizione dei genitori di Alberto e di Alice che però non si sono presentati perché Graziano Scagni aveva programmato un esame medico a cui si è recato accompagnato dalla moglie Antonella Zarri. I genitori sono amareggiati per come viene raccontata la tragedia che gli ha strappato due figli: "Ci sono ricostruzioni di questa tragedia tristemente miopi".

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