Cronaca

Nel 1967 fu istituito un ufficio di vigilanza, però mai nato. Come l'agenzia della sicurezza prevista dal Decreto Genova nel 2018 dopo il crollo del viadotto Polcevera. A spiegare queste omissioni toccherà a due ex ministri del Mit, Di Pietro e Delrio
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GENOVA - In aula i vertici del Consiglio Superiore dei Lavori del Mit confermano che l'ufficio istituito nel 1967 dopo il tragico crollo del ponte di Ariccia per controllare le grandi opere non è mai nato, al palo anche l'Agenzia sulla sicurezza prevista dal Decreto Genova del 2018.

Il viadotto Morandi era il gioiello delle autostrade, la Gioconda, a detta dei magistrati, ma non è mai stato controllato dallo Stato che infatti l'ha abbandonato colpevolmente nelle mani di gestori irresponsabili come Autostrade per l'Italia, che non hanno saputo curarlo pur sapendolo gravemente malato.

É emerso al processo ai 58 imputati per il crollo durante un'udienza oggi andata in scena in due tempi a causa del maltempo: il primo nella tensostruttura, il secondo per ovviare al rumore della pioggia nell'aula bunker.

In aula due big del Consiglio superiore dei lavori pubblici, il formale presidente Maurizio Sessa (nella foto sotto a destra) e l'ordinato dirigente Emanuele Renzi (sotto a sinistra), coordinatore del Servizio tecnico centrale del Cslp e attuale direttore di Ansfisa, Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie e delle Infrastrutture Stradali e Autostradali, nata con il cosiddetto decreto Genova.

I due testi in aula non hanno potuto che confermare come del Morandi loro non si sono mai interessati. Nè prima nè dopo il crollo. Tombale e conclusiva la risposta di Renzi alla domanda del pm Cotugno che chiede: "Visto che Ansfisa non svolge controlli sul ponte a sua conoscenza c'è qualcuno che questo controllo lo fa?”. “A mia conoscenza no” risponde senza incertezze Renzi.


Unici controllori di Autostrade, i tecnici di Spea, società satellite di Aspi, e il Provveditorato delle opere pubbliche interregionale. Ufficio i cui vertici, non a caso, sono tutti indagati per il crollo perchè si sono dimostrati quanto meno disattenti, come emerso in udienza: nel gennaio 2018 nell'approvare con decenni di ritardo il progetto del retrofitting sulla pila 9 che poi provocherà il disastro si sono affidati a un professore universitario, Antonio Brencich, l'unico membro esterno, che, secondo l'accusa, dopo avere inviato una mail privata in cui diceva che il degrado del ponte era impressionante, ha validato un progetto di un lavoro che sarebbe partito otto mesi dopo, fuori tempo massimo, anche se questo Brencich allora non poteva saperlo.

A tentare di spiegare le omissioni e la disattenzione dello stato proveranno a farlo due ex ministri del Mit, Antonio Di Pietro e Graziano Delrio, attesi in tribunale a Genova per fine giugno. Ma, come scrivono i pm Terrile, Cotugno e Airoldi nella memoria d'accusa "resta gravissimo il fatto che, in Anas e nel Mit, nessuno si sia mai accorto che Ponte Morandi – opera più importante di tutta le rete - non aveva ricevuto il benché minimo intervento di manutenzione strutturale negli ultimi 25 anni, e cioè dal 1993 in poi".

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In aula il comitato del provveditorato del Mit che - a detta dell'accusa - a gennaio 2018 approvò il progetto di retrofitting con benestare del docente universitario Brencich, per questo imputato, che aveva parlato di degrado impressionante del viadotto