Cronaca

Per gli inquirenti, i quattro arrestati rappresentano la cellula localizzata sul territorio continentale addetta a consentire ai migranti, una volta sbarcati nel reggino e a seguito della collocazione in centri di accoglienza, di allontanarsi e partire
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LIGURIA - La Liguria è stata l'ultima tappa del viaggio di uno dei quattro afghani arrestati dai carabinieri di Reggio Calabria nell'ambito dell'indagine 'Parepidemos' sul traffico di esseri umani.

I militari hanno eseguito ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal Gip di Reggio Calabria. I quattro afghani sono accusati, a vario titolo, di favoreggiamento pluriaggravato dell'immigrazione clandestina e di esercizio abusivo dell'intermediazione finanziaria. Tre dei destinatari dei provvedimenti restrittivi sono stati arrestati in Francia, a La Rochelle e a Marsiglia, e uno in Germania, ad Hanau. Persone abbandonate sulle Alpi Nell'ambito dell'indagine, denominata 'Parepidemos', i carabinieri hanno arrestato gli afghani Mohammad Younos Yawar di 43 anni, Mohammad Salim Ghafouri (53), Narbhai Ahmadi (33) e Mohammad Javid Attae (42).

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Quest'ultimo è stato catturato in Germania, mentre i primi tre indagati sono stati arrestati in Francia. L'inchiesta è iniziata nell'ottobre 2020, quando i carabinieri hanno notato uno dei quattro arrestati, Mohammad Younos Yawar, che con un furgone con targa francese si trovava a Bova Marina nei pressi di un centro di accoglienza dove i migranti appena arrivati in Italia, durante il periodo della pandemia, venivano tenuti in isolamento sanitario temporaneo. Gli accertamenti investigativi, disposti dalla Direzione distrettuale anti-mafia (Dda), hanno consentito di registrare i movimenti dell'afghano che, dopo avere fatto salire a bordo 10 connazionali, ha percorso l'intero territorio nazionale, facendo tappa in Abruzzo, in Lombardia e in Liguria, uscendo successivamente dall'Italia.

Prima di fare ingresso nel traforo del Frejus, però, Yawar ha lasciato i migranti in montagna a pochi chilometri dal confine. Subito dopo, l'uomo è stato fermato dai carabinieri della stazione di Bardonecchia ed era l'unico occupante del mezzo. Sui sedili posteriori del mezzo c'erano alcuni bagagli dentro i quali sono stati trovati pannolini per bambini e vestiti non appartenenti all'indagato. Il furgone, inoltre, era dotato di un vano, creato ad hoc nella parte posteriore, per nascondere le persone.

L'abbandono dei migranti, tra cui alcuni minori, in montagna, al freddo e alle intemperie, ha indotto la Procura reggina a contestare anche le aggravanti di aver esposto le persone trasportate a pericolo per la loro vita. Dalle intercettazioni, inoltre, è emerso che per salvare i migranti abbandonati sulle Alpi l'indagato avrebbe preteso di essere pagato prima del viaggio.

"Ora vado a prenderli se mi date 1.300 euro", avrebbe affermato Mohammad Younos Yawar, che il 4 novembre 2020 è stato arrestato dalla polizia francese a Montgenevre mentre tentava di oltrepassare il confine con sei connazionali clandestini. All'indagato è stato contestato, infine, l'aggravante di avere riservato ai migranti un trattamento inumano e degradante per averli nascosti nel furgone. Metodo 'hawala' con tariffario, 1.500 euro per il viaggio.

Oltre a ricostruire i contatti di Mohammad Younos Yawar e la catena di trasbordo dei migranti, grazie alla collaborazione con Eurojust ed Europol, la Dda di Reggio Calabria e i carabinieri hanno delineato la filiera criminale di immigrazione clandestina localizzata in Turchia, Italia, Francia e Germania. Secondo il Gip distrettuale di Reggio Calabria Vincenzo Quaranta, infatti, Yawar era inserito in "un sistema organizzato transnazionale che gestiva e assicurava l'ingresso clandestino e illegale di migranti in vari Paesi europei".

Per questo è accusato di essere promotore, organizzatore e autista del gruppo di trafficanti. Con lui c'erano gli altri tre arrestati. Mohammad Salim Ghafouri avrebbe svolto il ruolo di intermediario tra Yawar e i parenti dei migranti trasportati dalla Calabria in Francia. Narbhai Ahmadi è stato localizzato a Marsiglia e si occupava dell'accoglienza dei migranti. In Germania, infine, c'era Mohammad Javid Attae, individuato quale terminale delle somme erogate dai migranti a titolo di compenso per il viaggio.

Per gli inquirenti, i quattro arrestati rappresentano la cellula localizzata sul territorio continentale addetta a consentire ai migranti, una volta sbarcati nel reggino e a seguito della collocazione in centri di accoglienza, di allontanarsi e partire verso località del centro Europa. I carabinieri, inoltre, hanno individuato il canale finanziario per le transazioni economiche, cioè il metodo noto come "hawala": un sistema di trasferimento di denaro basato sul brokeraggio informale e su relazioni non contrattuali per cui il soggetto che intende trasferire una somma di denaro ad altro soggetto, di norma residente in un diverso Paese, contatta un broker intermediario, il cosiddetto 'hawalader', e gli versi la somma da inviare.

Quest'ultimo, poi, contatta un suo omologo nel Paese ricevente, dandogli ordine di pagare al soggetto destinatario la somma indicata e trattenendo una commissione. L'inchiesta 'Parepidemos' ha dimostrato come ogni migrante versasse 1.500 euro agli indagati per il servizio di trasporto dalla località in cui avveniva lo sbarco fino alla Francia. C'era una sorta di "tariffario" per il Gip Quaranta, secondo cui non ci sono dubbi che gli arrestati sarebbero "legati alla rete di soggetti che gestisce il trasferimento dei clandestini dai loro Paesi di origine alle coste italiane".