GENOVA -L'assicurazione svizzera Swiss Re per il crollo del ponte Morandi dopo una lunga e difficile transazione con contenzioso legale ha risarcito Autostrade per l'Italia con 40 milioni di euro al posto dei 300 stabiliti dai massimali della polizza. Un accordo non facile. Subito dopo la tragedia infatti l'assicurazione di Zurigo si era rifiutata di risarcire Autostrade perché l'azienda appena due anni prima, nel richiedere e ottenere l'aumento dei massimali della polizza, da 100 a 300 milioni, aveva nascosto il degrado del viadotto della struttura che già dal 2013 era inserita dalla stessa Aspi fra le opere a "rischio crollo per scarsa manutenzione"
É emerso nell'udienza di oggi del processo sulla tragedia del 14 agosto 2018 costata la vita a 43 persone e che vede alla sbarra 58 imputati fra cui i vertici di Autostrade per l'Italia, Spea, la società di ingegneria, e alcuni dirigenti del Ministero delle Infrastrutture.
Nei giorni scorsi Primocanale aveva chiesto ad Autostrade per l'Italia come si è risolto il contenzioso, ma non ci è stata data una risposta.
A spiegare il perchè Autostrade richiesto l'aumento dei massimali ci ha provato Umberto Vallarino (nella foto), dirigente di Atlantia e Autostrade nell’ambito «Finanza e assicurazione», l'uomo che nel 2016 chiese l'incremento del massimale sul Morandi da 100 a 300 milioni di euro, e che oggi ha ribadito che l'aumento di massimali lo aveva deciso lui perchè, da ligure, Vallarino infatti è spezzino, conosce bene l'importanza strategica del Polcevera, un'opera di grandi dimensioni che in caso di disastro avrebbe indotto ingenti danni per i mancati pagamenti dei pedaggi visto che si tratta di un viadotto percorso da una media di veicoli 20% superiore alla media nazionale e sovrasta abitazioni e ferrovie e per questo in caso di crollo avrebbe provocato ingentissimi danni a terzi.
Prima di Vallarino davanti ai giudici c'era stato Luca Kovatsch, ex rappresentante per l'Italia di Swiss Re, l'assicurazione svizzera con cui Aspi aveva assicurato tutta la rete autostradale che ha detto che "il risarcimento per il danno al ponte Morandi è stato respinto perché Aspi non aveva dato tutte le informazioni al momento dell'aggiornamento della stipula dell'assicurazione, i problemi del viadotto non erano stati evidenziati come la buona diligenza dell'assicurato avrebbe richiesto". Kovatsch dopo avere ammesso l'errore del 2016 ha aggiunto: "Abbiamo liquidato il danno a terzi, transato intorno ai 40 milioni di euro. Mentre il danno al viadotto no. La nostra catena gerarchica ha subito dubitato sulla effettiva vigenza della polizza. Il principale rilievo sollevato era che il rischio (l'opera in gergo assicurativo, ndr) non era stato descritto correttamente. Il cliente non ci aveva dato tutte le informazioni sulle reali condizioni del Morandi ".
La questione assicurativa è stata affrontata anche dagli altri due testimoni sentiti oggi.
Nel 2016, infatti, Aspi fece inserire il viadotto tra le opere "nominate" facendo dunque aumentare il risarcimento da 100 milioni a 300 milioni. Il motivo lo ha spiegato lo spezzino Vallarino, dirigente di Atlantia e Autostrade. "Era una opera che conoscevo da quando ero bambino - ha spiegato -. Sono ligure e ci passavano 50 volte all'anno. Ho fatto quel passaggio per l'importanza economica che ha per la regione, poi perché era in un contesto urbanizzato dove sotto c'erano case e passava una ferrovia, per i danni da mancato introito visto l'incremento del traffico e visti gli elevati costi di una eventuale demolizione, ricostruzione e smaltimento dei detriti".
Secondo la procura, invece, quel passaggio era legato all'inserimento della dicitura "rischio crollo per ritardate manutenzioni" nel catalogo rischi. Un catalogo che Vallarino non avrebbe mai visto e di cui non sapeva nemmeno dell'esistenza. Il dirigente è stato però smentito dal suo ex dipendente Lionetti, altro teste ascoltato oggi, che ha detto di sapere del catalogo ma non del rischio crollo.
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