Cronaca

Il teste più importante, braccio destro dei Benetton, davanti ai giudici. Oggi sarà ascoltato anche il nuovo Ad di Aspi Tommasi che per prima cosa ha estromesso Spea dai controlli "insufficienti". Trovati 6 mila difetti
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GENOVA -"Castellucci aveva il potere assoluto, era un accentratore forsennato, io quando seppi che la sicurezza del Morandi ce l'autocertificavamo da soli decisi di andare via".

E' il Gianni Mion pensiero, il braccio destro dei Benetton e amministratore di Edizioni, la cassa della holding di Atlantia di cui fa parte Autostrade per l'Italia.

Oggi, 22 maggio, Mion comparirà in aula al processo per la strade del Morandi del 14 agosto 2018 in cui hanno perso la vita 43 persone e per cui alla sbarra ci sono 58 imputati fra cui i vertici di Aspi, primo fra tutti Giovanni Castellucci, che lo stesso Mion aveva scelto e poi si è ritrovato incapace di governare per il potere che era riuscito ad acquisire, come emerge dagli atti dell'indagine svolta dai tre pm Terrile, Cotugno e Airoldi grazie ai finanzieri del Primo Gruppo Genova.

Altro teste importante oggi sarà Roberto Tomasi, nuovo amministratore delegato di Autostrade per l'Italia, di cui faceva parte anche in passato. Lui dovrà spiegare come è stato cambiato il corso di Aspi dopo la tragedia e cosa ha trovato nell'azienda.

Ma il più atteso in aula è Gianni Mion, amministratore delegato di Edizione dal 1986 al 2016 e consigliere di amministrazione di Atlantia sino al 2013, che si occupava di investimenti finanziari "e non di gestione" come precisò lui. Il suo riferimento per la famiglia Benetton era Gilberto Benetton, poi deceduto nel 2018, "gli altri fratelli si disinteressavano di Autostrade perché ritenevo producesse un'immagine negativa".

Immagine, quella della famiglia di magliari veneti, poi crollata insieme al viadotto, come dice lo stesso Mion in una conversazione acquisita dai finanzieri: "La loro immagine l'hanno ammazzata le due feste di Cortina (avvenute subito dopo il 14 agosto 2018 ndr) e il fatto di non avere mostrato la minima solidarietà".

In una conversazione intercettata Mion fa riferimento a Franca Benetton: «Anche l’altro giorno parlavo con la Franca e mi dice: “Ma perché ce l’hanno con noi, mica abbiamo fatto niente”. No, dico, vi siete solo arricchiti... inconsapevolmente, a vostra insaputa, vi siete arricchiti...». Insomma Mion prende le distanze dalla tragedia, dai Benetton e soprattutto da Castellucci.

Dice al proposito Mion ai finanzieri: "I rapporti per Autostrade li tenevo con due amministratori delegati che si sono succeduti e da me scelti, prima Gamberale e poi Castellucci che sentivo ogni giorno, i quali non mi vedevano di buon occhio perchè io puntavo ad acquisire soci importanti, come gli spagnoli di Albertis e i francesi di Vinci, che ritenevo essenziali per il nostro futuro"

Del degrado di ponte Morandi Mion ammette di essere stato informato nel 2010: "Sapevo che era stato effettuato un intervento su una pila e non su altre due. Le mie informazioni arrivavano da incontri informali ma molto approfonditi chiamati "induction" che avvenivano con gli amministratori delegati delle società del gruppo. In una di queste nel 2010 in cui si doveva parlare dei viadotti e delle gallerie si parlò a lungo del Polcevera, c'era ancora il direttore generale Mollo che mi pare andò via nel 2014.
Fu un incontro memorabile - prosegue Mion - perchè si parlò dell'opera più importante e prestigiosa della rete nazionale e ci venne detto dai tecnici che aveva un difetto di progettazione che creava problemi sul fatto che "potesse stare su". Io, da incompetente, chiesi se avevamo qualche ente esterno che ne avesse attestato la sicurezza e Mollo disse che la sicurezza del ponte ce la autocertificavamo. Rimasi allibito e sconvolto, anzi, terrorizzato, mi sembrava assurdo che nessuno avesse pensato a chiedere una verifica da un ente esterno visto che fra l'altro era un'opera di oltre 50 anni sottoposta a un grande incremento del traffico. Agli altri partecipanti alla riunione, compreso Castellucci, invece sembrava tutto normale. Erano tutti sicuri, anche Riccardo Mollo (direttore generale Aspi sino al 2014), che l'autocertificazione di Spea garantisse massima sicurezza. Io invece volevo coinvolgere il Ministero e così da allora pensai a lasciare l'incarico di consigliere di amministrazione di Atlantia, che lascia nel 2013".

Mollo, risulta dalle indagini, invece prima di andare via fece redigere un documento in cui si attestava che il Morandi era sicuro. "Io non seppi nulla di questo" ha riferito Mion ai finanzieri.

Mion parla di Castellucci anche nelle indagini preliminari dopo il crollo, nel 2019, quando in un'intercettazione dice che l'unica sua colpa è quella di avere lasciato troppo spazio a Castellucci: "Nel ruolo di amministratore delegato di Autostrade e di Atlantia godeva del potere assoluto anche perchè non c'erano interlocutori imprenditoriali che ne potessero limitare l'onnipotenza, e io ritenevo che si circondasse di figure di caratura modesta in modo che nessuno potesse fargli ombra"

Mion che in una intercettazione di fine dicembre del 2019 rincara la dose: "Hanno messo scellerati a controllare ed è successo un macello, siamo assolutamente responsabili, e mi fa rabbia vedere che difendiamo l'indifendibile".

Per il boss di Edizioni uno degli errori è stato affidare l'intera sorveglianza a Spea, poi inglobata nel gruppo Autostrade invece di rimanere pubblica in capo al Ministero o all'Anas. Spea di cui Mion non ha nessuna stima, tanto che definisce i suoi tecnici "incapaci e lazzaroni".

Il dirigente commenta anche l'assoluzione di Castellucci per la tragedia sull'autostrada Acqualonga (per cui però di recente è chiesa una pena di 10 anni) dicendo che "avevano fatto i furbi" perchè era impossibile che lui non sapesse delle barriere di protezione (possibile causa della caduta di un pullman in un burrone ndr) perchè ha sempre accentrato tutto su di sè, anche se indubbiamente molto capace".

In un'altra conversazione Mion dice che tutti i professori universitari sapevano del difetto di progettazione del Morandi e poi parlando ancora di Castellucci sottolinea ancora il suo carisma "un ragazzo che faceva il bello e il cattivo tempo".

Il nuovo amministratore delegato Tomasi invece ribadirà che il nuovo corso di Aspi è iniziato dalla decisione di affiancare a Spea due soggetti esterni (Speri e Proger) in modo da assicurare un parere esterno al gruppo, come ventilato da Mion, sottolineando che il quadro emerso dalle ispezioni è stato molto meno rassicurante rispetto a quello fornito da Spea.

Il risultato è stato quello di aprire mille cantieri sul nodo di Genova mettendo in ginocchio la viabilità della Liguria. "Spea fu estromessa dalle verifiche dei viadotti nel 2019 - ha spiegato agli inquirenti Tomasi -. Il nuovo fronte delle gallerie si aprì nel dicembre 2019 quando crollò la volta della galleria Bertè e vennero così estesi approfondimenti anche ai tunnel".

Il tutto, ha ribadito l'ad di Aspi, scegliendo di modificare i criteri di valutazione dei difetti nelle gallerie prendendo la catalogazione in uso per il tunnel del Monte Bianco; anche queste ispezioni furono effettuate da società terze, con l'estromissione di Spea da gennaio 2020. Questa circolare è stata poi fatta propria dal Ministero (Mims) verso aprile maggio 2020. Si scoprì poi che non erano mai state effettuate verifica sulle onduline delle volte delle gallerie e così dal gennaio del 2020 si è deciso di smontare tutte le onduline per controlli più approfonditi, anche nel resto d'Italia. Un'operazione mai svolta prima e che per i casi più gravi ha provocato la chiusura delle gallerie. In tutta la rete sono stati trovati 27 difetti mai segnalati, 6 mila dei quali in Liguria. Per questo sono lievitate anche le spese per i lavori: dal 2018 sono aumentate da 284 a 769 milioni.
"Grazie a questo abbiamo acquisito una conoscenza del patrimonio infrastrutturale a noi affidato in concessione molto più adeguata rispetto a quella iniziale che si è rivelata insufficiente" ha detto Tomasi.

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