GENOVA -"Nell'ottobre 2018 a causa di una tempesta di vento per cui era stato chiuso il casello autostradale di Fadalto-Santa Croce sull'autostrada A27 Mestre-Belluno in seguito una ispezione straordinaria feci una relazione scrivendo che c'era il rischio che dalla pensilina della stazione potessero cadere pezzi della trave di legno di qualche chilo, ma il dirigente Marco Vezil mi chiamò da Roma per dirmi di cambiarla, poi mi arrivò copia della mia relazione modificata...".
Parte da lontano il Pm Walter Cotugno, parte dalla testimonianza dell'ingegnere, ex Spea ora Tecné, Alberto Zannini, primo teste dell'udienza al processo per la strage di ponte Morandi, per dimostrare che l'abitudine di ammorbidire i report degli ispettori di Spea era un metodo utilizzato da Spea e da Autostrade su tutta la rete autostradale e anche dopo la tragedia del viadotto Polcevera. Il fine, nel caso della Mestre Belluno era di non chiudere il casello.
L'ingegner Zannini ha spiegato che la sua relazione dopo il passaggio degli altri uffici era stata modificata con l'aggiunta di conclusioni meno gravi di quanto avesse scritto lui, "io avevo detto che in caso di condizioni meteo avverse c'era il rischio di distacchi di pezzi della trave di legno e per questo che era necessario monitorarla, ma non mi sbilanciai sulla possibilità di riaprire il casello, così quando vidi la relazione arrivata da Roma la modificai per sottolineare, a mia tutela, che la mia competenza non era trarre conclusioni sulla riapertura del casello".
Zannini alla fine ha ribadito che dopo varie cambiamenti la versione finale della relazione era rimasta coerente alla sua tesi iniziale, "io l'ho vissuta come in una normale mediazione fra persone che lavorano" confermerà alla fine dell'udienza.
L'acquisizione della testimonianza dell'ingegnere Zannini è stata contestata dall'avvocato del foro di Genova Guido Colella, del pool dei legali che difendono gli imputati di Autostrade, che ha sottolineato che quella vicenda faceva parte dell'indagine sui falsi report. Eccezione rigettata dal presidente del collegio giudicante Paolo Lepri.
In aula sono stati ascoltati anche altri due ex tecnici di Spea, diretti superiori di Zannini, Alessandro Caloisi e Mario Marchegiani intervenuti nella relazione "addomesticata".
Caloisi ha svelato di essersi preso colpe non sue, "feci da capro espiatorio. Non so perché ma da Roma mi dissero che se mi prendevo la colpa non ci sarebbero state ritorsioni. Ricevetti una telefonata e mi venne detto che rischiavo il licenziamento perché il Tronco non era contento su alcune verifiche di laboratorio che erano in ritardo, ma io dovevo fare solo ispezioni, con il laboratorio non c'entravo nulla. Poi nel 2017 mi venne contestato un altro episodio e sono stato preso di mira io perché ero direttore dei lavori".
Marchegiani invece ha spiegato perchè era intervenuto nella relazione di Zannini: "Aveva esagerato nelle sue considerazioni e non aveva descritto quali fossero i motivi di quelle affermazioni così gravi". Per la procura le modifiche vennero fatte per non fare chiudere il casello. "La chiusura di una infrastruttura - ha spiegato Marchegiani - si applica e basta, non si deve farlo sulla base di considerazioni eccessivamente cautelative".
Per Emmanuel Diaz, fratello di una delle 43 vittime del Morandi sempre presente in aula, la testimonianza dei tre tecnici di Spea che hanno raccontato in aula come si era arrivati alla cambiamento del report, "è la conferma che i controlli erano tutti pericolosamente addomesticati, ed è così si arrivati alla tragedia annunciata di ponte Morandi".
L'intervista
Dopo l'udienza l'ingegnere Zannini ha accettato di parlare con Primocanale dei report al centro dell'udienza e non solo: "La prima versione non riportava la firma Spea, ma era solo la mia perizia da ingegnere, poi dopo la revisione era un documento della società frutto di un dialogo con il dirigente ed io, non sulla parte sul campo, che è rimasta sul campo, ma sulle ipotesi di comportamento futuro dell'opera, come è scritto, solo nel caso di ripetersi di eventi meteo così severi, come una tempesta di vento con raffiche di oltrre 100 km/h di vento, dalla struttura potevano sfaldarsi e cadere a terra qualche chilo di questo legno lamellare, mentre la linea ha preferito scrivere un più generico "distacchi di porzione", se vogliamo "porzione" possono essere di più come meno del mio qualche chilo, io l'ho definito un approccio più discorsivo mentre io cercavo di essere più ingegneristico
Il tecnico ha aggiunto che la mediazione è in qualche modo una via obbligata: "Credo che chiunque di noi che fa parte di una struttura debba comunque adeguarsi alle linee guida che vengono date dai dirigenti di riferimento, quindi non ho considerato le ultime versioni come inadaguate ma frutto di una mediazione fra un approccio più conservativo come il mio e un po' meno prudente che era quello della struttura. Fra l'altro le date in questo caso valgono anche qualcosa, la tragedia di ponte Morandi era capitata da tre mesi scarsi, quindi da parte mia un minimo di risposta emotiva c'era, andare a scrivere un chilo in più o meno, in altre occasioni forse avrei scritto subito di un distacco parziale, invece in quel momento sono stato, forse senza rendermene conto, più prudente".
Zannini di fronte a quanto sta trapelando dall'inchiesta sui report addolciti non nasconde la sua delusione: "Se sarà provato che è vero è una cosa grave, che sminuisce la professionalità di molti mie colleghi, penso spesso al fatto che se mi avessero detto di venire qui a Genova che tipo di reazione avrei avuto nel caso avessi subito delle pressioni, sarei stato capace di puntare i piedie andare sino alle dimissioni o mi sarei adattato al sistema? E' una domanda che per fortuna a cui non mi è toccato rispondere".
L'ingegnere di Belluno comunque si dice soddisfatto del risultato della sua relazione "ritoccata": "Alla fine ho sottoscritto la relazione che trovavo accettabile, se avevo la percezione di un sistema per addolcire i report? Sulla A27 trattavo opere recenti, studiate dopo il sisma del Friuli, e dunque con un grado di dimensionamento prudenziale, per il lavoro che ho svolto io non c'era bisogno a fare pressioni perchè le opere erano recenti, ben tenute con standard qualitativi elevati".
Alla domanda di cosa ha provato quando ha saputo della tragedia del Morandi il tecnico risponde così: "Che l'ingegneria aveva fallito, come chi fa il mio mestiere perchè non si è stati capaci di prevenire qualcosa che doveva essere prevedibile e gestibile".
Zannini è deluso anche da quanto trapela dalle indagini:
"Sinceramente quando ho appreso delle telefonate, dei messaggi e delle registrazioni delle riunioni, non mi aspettavo che in Spea potessero accadere cose di questo tipo".
Al posto di Spea oggi c'è Tecne: "Non facciamo più ispezioni perchè è stato distinto l'ambito autostrade da chi fa le verifiche - conclude Zannini - adesso ci occupiamo di direzioni lavori e progettazione, siamo cresciuti, eravamo 600 ora siamo mille dipendenti, oggi le ispezioni in autostrade sono svolte da alcune ditte private".
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