Cronaca

Primocanale in diretta dalle 8 dal tribunale per raccontare l'avvio della fase istruttoria del processo. Davanti ai giudici entro Natale 38 parti lese indicate dai pm
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GENOVA -Daniele Dubbini, il musicista che stava rientrando in auto a casa dopo un concerto a Cuneo si è fermato quando ha visto gli stralli staccarsi dalla pila nove, Luigi Fiorillo, il conducente del furgone della Basko che si è bloccato senza fiato davanti al baratro dinanzi a lui, il simbolo della tragedia che ha fatto il giro del mondo.

Oggi il processo per la tragedia di Ponte Morandi cambia passo e lascia spazio ai ricordi dei sopravvissuti della tragedia del 14 agosto 2018 costata la vita a 43 persone.



Alla sbarra 58 imputati fra cui i vertici di Autostrade per l'Italia e di Spea e funzionari del Ministero delle Infrastrutture.

Qualcuno ha detto che per la montagna di documenti e perizie questo processo è un esperimento.
Un processo colposo, come la strage del treno bomba di Viareggio, come la Torre Piloti del porto di Genova, come la ThyssenKrupp di Torino, ma con molti più morti, colposo perché molti reati addebitati sono stati  compiuti per imperizie e non per dolo. E accerta le responsabilità senza il dolo è più complicato.


Imperizie prevedibili, però, è questo sarà uno dei punti cruciali del dibattimento. I giudici dovranno stabilire quanti sapevano che Ponte Morandi se non curato poteva crollare e non l'hanno fatto. Per questo, seguendo passo passo le indicazioni dei due magistrati che hanno lavorato per quasi quattro anni, saranno rivisti decenni di catene dei comandi di Autostrade per l'Italia, di Spea che doveva controllare Aspi, dei funzionari del ministero delle Infrastrutture e del compartimento di Autostrade del primo tronco di Genova, che dai loro uffici di Sampierdarena, a poche centinaia di metri dal ponte malato, avrebbero dovuto sapere che quel macigno di cemento armato era a rischio. Per l'accusa il ponte Morandi è crollato perché in 50 anni nessuno ha effettuato gli interventi di manutenzione necessari. Perché sarebbe costato troppo. E quei soldi i dirigenti di Autostrade preferivano dividerseli


Il pm Terrile, che in tribunale è stato definito una "macchina da guerra" per l'attenzione e il tempo dedicati a questa indagine che l'accompagnerà alla pensione per raggiunti limiti di età, è stato durissimo nella sua premessa della ricostruzione del disastro: "La macchina di Aspi doveva garantire un miliardo di utili all'anno.  E se così non fosse stato, si sarebbero 'adombrati' l'allora ad Giovanni Castellucci e la famiglia Benetton".

Non è un mistero che anni prima della tragedia anche su alcuni giornali era stato scritto che il Morandi doveva essere ristrutturato e per questo bisognava chiuderlo, stessa previsione da parte di un senatore della repubblica con due interpellanze presentate al ministro anni prima del crollo, ma niente, niente sino alle 11.36 del tragico 14 agosto del 2018.

L'udienza di oggi comincerà alle 10, poi si replicherà domani e mercoledì, alle ore 9.

Stesso ritmo la settimana prossima e sino quasi alla vigilia di Natale, termine in cui si spera di riuscire ad ascoltare tutte le parti lese, 38 persone fra sopravvissuti e persone scioccate che il ponte se lo sono visto crollare sotto gli occhi, come chi viveva lì sotto, in via Porro e che ora abita in altre zone.

E' l'avvio della fase istruttoria in cui si inizia ad ascoltare i testimoni, in gergo gli esami testimoniali. Una lista, quella dei due pm Massimo Terrile e Walter Cotugno, lunga, che comprende 176 persone. Un elenco indicativo stilato dai magistrati e però suscettibile di variazioni: per motivi di salute e di altri gravi impedimenti giustificati si può anticipare o posticipare il proprio turno.

Scorrendo il calendario il primo ad essere ascoltato dovrebbe essere Eugenio Babin, seguito dalla moglie Natalja Yelinia, la coppia di Santa Maria Capua Vetere, a Caserta, diretta in Costa Azzurra.
Dodicesimo della lista dovrebbe essere il genovese Gianluca Ardini, atteso per oggi, tredicesimo il conducente del furgone della Basko Luigi Fiorillo, convocato per domani, che dopo le prime intervista subito dopo la tragedia ha rifiutato ogni contatto con i giornalisti, lui viveva a Genova, ora abita in Basso Piemonte e fa sempre lo stesso lavoro, anche se ha ricevuto un importante indennizzo per lo choc subito, come tutte le parti lese, che saranno ascoltate senza avvocati, appunto perchè in veste di testimoni.


Primocanale seguirà in diretta l'avvio della fase istruttoria con collegamenti esterni dal Tribunale di Genova e con ospiti dallo studio per raccontare l'intera udienza. E domani sera, martedì 13, alle ore 21 alcuni dei sopravvissuti e dei testimoni oculari saranno ospiti di Primocanale in diretta.

Fra i primi a essere ascoltati dal collegio dei giudici composto dal presidente Paolo Lepri - lo stesso del processo della Torre Piloti - e dai giudici Ferdinando Baldini e Fulvio Polidori, anche Davide Capello, il vigile del fuoco ex portiere del Cagliari originario di Nuoro residente a Savona: lui è uscito dal terribile "volo" dal ponte con un solo una forte contusione alla schiena. A salvarlo un cumulo di macerie che ha protetto la sua vettura: Capello stava raggiungendo Genova per fare la tessera del tifoso per vedere allo stadio le partite del Genoa.

Altra coppia in cima alla lista delle parti lese quella dei triestini Rita Giancristofaro, agente immobiliare con la passione delle maratone, e  Federico Cerne, fisioterapista dell'Alma Pallacanestro di Trieste. I due sono crollati nel vuoto a bordo della loro auto mentre stavano andando a visitare l'Acquario di Genova.


Importanti per il processo sarà la testimonianza di Ivan Bixio, teste numero 140, il colonnello della guardia di finanza che era alla guida del Primo gruppo Genova e ora comandante provinciale a Reggio Emilia: è lui che ha avuto l'onere e l'onore di dirigere le indagine sulla tragedia, di certo una delle inchieste più complicate della storia del nostro Paese.

Sarà ascoltato dai giudici anche Maurizio Rossi, senatore della Repubblica eletto nel 2013 in Parlamento con Scelta Civica, editore di Primocanale, l'uomo che aveva predetto la tragedia denunciando la necessità di mettere in sicurezza di Ponte Morandi anni prima del crollo del 2018 con due interpellanze presentate nel 2015 e nel 2016 all'allora ministro delle Infrastrutture Graziano Del Rio, solleciti però caduti nel vuoto, rimasti colpevolmente inascoltati.

Anche per l'allora ministro però è arrivata l'ora della resa dei conti: dovrà infatti spiegare davanti ai giudici il perché di quel silenzio e perché nonostante i tanti allarmi, primo fra tutti quello lanciato da un senatore della Repubblica, nessuno ha mai chiuso il traffico sul Morandi: Delrio è il teste 173 del processo Morandi, prima di lui sarà interrogato un altro nome noto, Antonio Di Pietro, il magistrato di punta di Mani Pulite, anche lui in tribunale per il suo ruolo di Ministro dei Lavori Pubblici.