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In centinaia ieri sera a Genova alla preghiera per chi ha perso la vita nelle migrazioni
1 minuto e 56 secondi di lettura
di Redazione
Basilica dell'Annunziata a Genova pienaLa croce realizzata con i remi ritrovati a Lampedusa su un'imbarcazione usata nei viaggi della speranza

Alcune centinaia di persone hanno partecipato ieri sera alla veglia di preghiera “Morire di Speranza” della Comunità di Sant'Egidio nella basilica dell'Annunziata, a Genova, per ricordare le donne e gli uomini che hanno perso la vita nei viaggi verso l'Europa.

"Non vittime del destino ma dell'omissione del nostro aiuto"

Don Maurizio Scala, di Sant'Egidio, ha commentato il Vangelo con parole molto nette: “i migranti morti nel Mediterraneo, nei deserti, nei campi profughi, non sono vittime del destino - ha detto - ma dell'omissione del nostro aiuto”.

Di fronte alla grande croce realizzata con i remi ritrovati a Lampedusa su un'imbarcazione usata nei viaggi della speranza, sono state portate alcune foto che testimoniano il dramma delle migrazioni e sono stati letti i nomi e le storie di alcune delle oltre 70mila persone morte dal 1990 a oggi nel mar Mediterraneo o nelle rotte via terra dell’immigrazione verso l’Europa.

Oltre il 38% dei migranti morti o dispersi negli ultimi cinque anni sono donne e bambini

Secondo i dati diffusi durante la veglia, oltre il 38% dei migranti morti o dispersi negli ultimi cinque anni sono donne e bambini. Un dato che rende ancora più drammatica una tragedia silenziosa. Nonostante gli arrivi siano diminuiti, la percentuale di morti è cresciuta, a fronte di un’assenza di canali sicuri e di missioni di salvataggio in mare. Da qui l’invito pressante a riattivare vie legali di accesso, come i corridoi umanitari, che rappresentano un modello efficace di protezione e integrazione.

Molti dei presenti in basilica erano migranti giunti in Italia proprio grazie ai corridoi umanitari. Accanto a loro, anche parenti e amici di chi ha perso la vita in mare, testimoni di un dolore che continua a interrogare le coscienze.

“Quante fragili vite non trovano approdo - ha detto ancora don Scala - in mare, sui camion nel deserto, nei campi profughi dove la vita non vale nulla. Le loro storie testimoniano come la voglia di dare speranza ai propri cari possa essere più forte persino dell’amore per sé. Noi non ci vogliamo abituare o girare dall'altra parte, ma vogliamo farci prossimi, trasformare l’amore in preghiera, in scelte, in una società più umana e accogliente”.

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