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Non è una parodia della canzone interpretata 31 anni fa sul palco dell’Ariston dalla genovese Sabrina Salerno in coppia con Jo Squillo. “Oltre le gambe c’è di più” recitava quel tormentone. Altra storia, quella che ritorna post Covid nel cuore di Genova.

Ma sempre questione di orgoglio e di un valore che va oltre la singola apparenza.

Il Campionato del Mondo di Pesto al Mortaio, sabato prossimo finalmente in presenza - con accesso aperto al pubblico minuto di mascherina - per la finalissima di Palazzo Ducale, rappresenta Genova e la Liguria nel mondo.

Non è solo questione di mortaio, pestello e dei magnifici 7 ingredienti che regalano quel condimento unico. C’è molto di più, appunto.

La kermesse internazionale, oggi a marchio Camera di Commercio, rappresenta un inestimabile valore di economia promozionale che parte dal pesto per portare la regione tutta a spasso nei 5 continenti.

La potenza del “food” (meglio dell’enogastronomia) è cosa ormai nota. Quando dettagliata attraverso una qualità ripetuta, unita a splendidi panorami, diventa un’eccellenza. In questo caso, per una volta, termine appropriato e doveroso, non abusato.

Dal pesto all’olio, dal vino alla focaccia, Genova con le sue province si fa conoscere “al foresto” consapevole che dietro c’è una ricchezza di paesaggio, territorio e cultura con pochi confronti.

Una filosofia percorsa ormai da più lustri, anche, da Viaggio in Liguria: la trasmissione del mercoledì sera di Primocanale. Durante i mesi del Covid più tragico, il format ha avviato un ponte con sportivi e personaggi di primissimo piano per interviste utili a stemperare le evidenti tensioni di quell’epoca. E, sempre, all’insegna della bontà. Un ritornello proseguito recentemente con Mauro Corona e Kristian Ghedina pestellatori di basilico d’eccellenza in diretta tv.

Ecco perché oltre il pesto c’è di più. In quella storia vive l’essenza della genovesità che si rinnova ogni giorno. Il grazie va ripetuto tanto a chi ha avuto quell’intuizione quanto a quelli che tuttora la fanno vivere in nome di un costante aggiornamento. Ma non stravolgimento.

Perché oltre il pesto c’è un valore di socialità, tradizione, sapere e palanche (che a Genova non è mai una brutta parola) troppo spesso passato sotto silenzio.