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GENOVA - Secondo l'Istat, notizia dello scorso dicembre, entro il 2030 Genova perderà altri 110 mila abitanti. Il calo demografico, cioè, sembra essere un fenomeno inarrestabile. Eppure qualcosa si potrebbe tentare di fare. Solo che nella campagna elettorale per la scelta del nuovo sindaco, ormai entrata nel vivo, i tre candidati sembrano aver dimenticato la questione. Relegata, al massimo, su iniziative che solo nominalmente dovrebbero condurre a ridimensionare l'emoraggia.

Ora, per quanto l'argomento sia complesso, credo che alla fine tutto si riduca ad un unica cosa: fare in modo che i giovani vadano a vivere insieme, facciano dei figli ed abbiano le risorse per mantenerli. Punto. Questo, nel lessico abituale, si traduce in un solo modo: mettere in campo una vera politica per la famiglia, intesa secondo tutte le declinazioni possibili.

Il sentire collettivo dice che questo tipo di politica può realizzarla soltanto il governo. Ma non è vero. Anche i Comuni possono fare molto, moltissimo, se lo vogliono. E dunque sarebbe utilissimo se i tre che ambiscono amministrare Genova nei prossimi cinque anni ci dicessero che cosa hanno intenzione di fare. Se ne hanno intenzione...

Per cominciare, si potrebbe partire dal capitolo tasse ed esentare da quelle comunali tutte quelle imprese che realizzano asili nido aziendali, che pagano donne e uomini allo stesso modo, che fanno delle assunzioni, che riconoscono salari non da "nuovi poveri". Non sarebbe male, poi, un bell'accordo vero fra Tursi e banche, in modo da garantire mutui oppure affitti per i giovani che vorrebbero fare coppia e neanche guasterebbero degli incentivi comunali per i proprietari che destinano la loro seconda, terza, quarta casa e via elencando, a chi decide di mettersi insieme con la prospettiva di avere dei figli.

Sarebbe utilissimo, in tal senso, anche una azione ben coordinata fra i Comuni liguri e la Regione: mettere insieme le diverse entità a favore di un unico progetto non può che far bene. Esistono già degli strumenti, lo so benissimo. Ma non sono armonizzati e, soprattutto, sono in tutta evidenza insufficienti. Altrimenti non saremmo in queste condizioni.

Più vado avanti e più mi accorgo, peraltro, che non c'è nulla da inventare: basta guardare ai Paesi del nord Europa e copiare da loro certe politiche per il sostegno della natalità. Fatti, non parole. Certo, è necessario che pure il governo nazionale faccia la sua parte, visto che la questione del calo demografico ha una drammaticità squisitamente genovese e ligure, ma di fatto investe l'intero Paese. E in questa direzione non si può certamente dimenticare il valore che possono avere le grandi opere per collegare adeguatamente la Liguria al resto d'Italia e d'Europa. Però resta assodato che anche a livello comunale è possibile intervenire.

So già che molti, soprattutto fra gli addetti ai lavori della politica, sono pronti ad obiettare: i Comuni, e Tursi fra questi, non hanno neanche gli occhi per piangere! Io non credo che sia così. Ma se anche lo fosse, una classe politico-dirigente degna di questo nome avrebbe il dovere di scegliere: ci sono altre spese da tagliare, prima di rinunciare a iniziative che mettano mano a una diminuzione del calo demografico.

A ben vedere, non c'è neanche il problema dei consensi, che da sempre guida improvvidamente la politica. Per ottenere dei risultati e invertire la tendenza della natalità ci vuole sicuramente del tempo, molto tempo. Tuttavia, credo che chi potesse beneficiare di adeguati sostegni alla famiglia, sempre latu sensu intesa, ben saprebbe chi votare. Invece, finora non si vede granché all'orizzonte. Per non dire che non si vede niente. Non ci si deve sorprendere, allora, se quello dell'astensione è finora il primo partito.

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