
Come è rapidamente cambiata questa città in qualche decina di anni, attraverso rivoluzioni epocali dell’economia e trasformazioni territoriali imponenti! Per non parlare della demografia, che a trenta anni dal Duemila era un problema esplosivo di crescita e oggi è una discesa inclinata di numeri e generazioni.
Abbiamo ripescato la storia degli ultimi sindaci, a partire dagli anni Settanta del Novecento, nella serie dei “Dogi”, che era già andata in onda su Primocanale e che abbiamo completato e prevediamo ancora di perfezionare, tornando indietro, fino alle mitiche figure di Faralli, Tarello, Pertusio, Adamoli, Piombino e Pedullà. Lanceremo la nuova serie con una trasmissione storica, che prevede la presenza di Giancarlo Piombino, Romano Merlo, Adriano Sansa, Marta Vincenzi, Marco Doria e Marco Bucci.
Per la prima volta da sempre avremo l’occasione di mettere insieme chi ha governato Genova nel Dopoguerra, ricostruendo anche il percorso di chi non c’è più, ma ha avuto un ruolo importante nel governo della Superba, come Fulvio Cerofolini, Cesare Campart e Beppe Pericu, attraverso immagini e interviste recuperate nell’archivio di Primocanale.
E allora con i sindaci ancora viventi e con quelli che non sono più tra noi, ma vivono attraverso tante testimonianze, ripercorreremo i passaggi-chiave di una grande trasformazione spiegata dai protagonisti principali. In un confronto che non ha l’intenzione di essere un dibattito politico, ma una ricostruzione storica.
Come era la città, per esempio, che si trovò ad amministrare Giancarlo Piombino, democristiano doc, il prediletto di Paolo Emilio Taviani, che la ereditò nel 1971 proprio da Nino Pedullà, un altro Dc, fedele di Aldo Moro? Aveva quella città il problema dell’esplosione demografica con il superamento degli 800 mila abitanti, che fece scattare più alti livelli di retribuzioni per diverse categorie di lavoratori in base alle leggi dell’epoca.
Ricorda Piombino che una popolazione che cresceva vertiginosamente produceva il problema immediato della casa e dei doppi turni a scuola. Bisognava dare un’abitazione a tutti in un territorio che era inciso profondamente dalla riconversione industriale post bellica e dalla ricostruzione di quartieri centrali come Piccapietra e poi via Madre di Dio. Mancavano le scuole e i ragazzi erano obbligati ad alternarsi nelle lezioni la mattina e il pomeriggio.
Poi il boom della motorizzazione aveva fatta emergere l’emergenza della mobilità urbana, alla quale però amministratori preveggenti e capaci avevano già incominciato a rispondere con la costruzione della Pedemontana e della Sopraelevata, realizzata nel tempo record di 18 mesi in acciaio, dopo una durissima discussione tra chi voleva costruirla in cemento (il notissimo senatore Francesco Perri, grande imprenditore edilizio) e chi invece spingeva per l’acciaio, sfruttando l’Italsider, il cui stabilimento era la fabbrica numero uno a Genova per produzione e numero di occupati.
Allora, a differenza di oggi, non c’era bisogno di attrarre imprenditori e imprese, semmai era difficile trovare le aree per insediarli, il grande problema che avrebbe fatto programmare soluzione oltre Appennino, come a Rivalta Scriva una iniziativa che era stata propugnata da Giacomo Costa, uno dei leader della grande famiglia.
Come poi sia finita questa teoria dell’Oltre Appennino quale sfogo della mancanza di spazio in una città stretta tra le alture e la costa, con le sue due valli già intasate da insediamenti industriali, di servizi è un altro discorso, che sicuramente sarà ampiamente affrontato nel racconto dei Dogi.
Ma partire nel racconto da Giancarlo Piombino e andando avanti si potranno riscoprire quei passaggi che hanno trasformato Genova, capovolgendo la sua struttura di città industriale-portuale con un grande scalo pubblico in una città che lotta per mantenere una quota di industria, ma ha oramai una prospettiva diversificata molto tra turismo, servizi e nuova industria hig tech, nuove spinte di accoglienza e richiamo nelle prospettive di riscoperte culturali di diverse forme di arte, che negli anni Settanta erano inimmaginabili.
E con quella vocazione portuale da amplificare in una chiave molto diversa, in uno scalo che costruisce la mega diga, il ribaltamento a mare di Fincantieri, che continua a costruire navi sfruttando una genetica capacità applicata anche nella nautica di alta qualità. Nuovo e fondamentale must genovese.
Insomma, guardare indietro serve eccome e magari può ispirare chi si sta preparando a governare Genova nel secondo quarto di secolo del Terzo Millennio. Della vocazione di oggi e delle visioni complessive per il futuro in realtà nella campagna elettorale non abbiamo sentito parlare molto. Chissà se ricordare i Dogi possa servire anche a questo?
IL COMMENTO
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