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Le conseguenze negative sul nostro turismo ci preoccupano e ci confermano quanto siano deleterie per le nostre imprese le sanzioni attuate dall’Europa, specie in un comparto trainante come quello turistico”. Era il 2015 quando l'assessore regionale Gianni Berrino rilasciava questa dichiarazione. Quattro anni dopo, ai primi di giugno del 2019, il governatore Giovanni Toti era in missione, con una delegazione ligure, al Forum economico di San Pietroburgo e osservava: "A causa delle sanzioni, le aziende italiane hanno perso miliardi di affari con la Federazione Russa".

Adesso ci risiamo. Intendiamoci, non è che la Russia possa impunemente invadere l'Ucraina e tutti noi star lì semplicemente a guardare. Però non è neppure ammissibile che gli Stati Uniti facciano il loro gioco, anche per questioni interne (al presidente Biden in questo momento una guerra fa comodo per i consensi), utilizzando la Nato, l'alleanza atlantica di cui fa parte pure l'Italia, come se fosse una cosa esclusivamente loro.

La questione è maledettamente complicata e per noi, se possibile, lo è ancora di più. Intanto per una questione energetica. Le bollette di luce e gas alle stelle sono un problema di questi giorni e dipendono pure dal fatto che noi importiamo gas dalla Russia, anche per produrre elettricità, in quantità ben superiore a Francia e Germania. La quale, per sovrappiù, si è pure fatta un gasdotto che aggira l'Ucraina e quindi può trattare con la Russia senza pesi ulteriori. La Francia, invece, continua a produrre energia dal nucleare e dunque utilizza molto di meno il gas in arrivo dalla Russia.

Quando Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e prim'ancora Romano Prodi predicavano in un certo modo sull'atteggiamento che l'Ue doveva e deve avere verso Mosca non è che lo facessero perché Putin stia loro particolarmente simpatico. È una questione di realpolitik: va bene non permettere alla Russia di invadere come se niente fosse l'Ucraina, ma forse l'ingresso di questo Paese nella Nato - che viene visto come fumo negli occhi da Mosca - dovrebbe essere argomento da sterilizzare diversamente da come viene fatto fino ad oggi.

Difatti, Berlusconi assicura "il massimo sostegno" a Mario Draghi e al suo governo che prova a mediare con la Russia e Prodi va nei talk televisivi a ripetere il suo mantra: "Bisogna contemperare le ragioni dell'Ucraina con le necessità economiche di chi pensa alle sanzioni, ben sapendo che noi italiani pagheremmo un prezzo molto più alto rispetto agli Usa e a buona parte di Europa".

In tutto questo enorme rebus economico, finanziario, politico e geopolitico, la Liguria si trova ad essere un vaso di coccio. Appartiene all'Italia e dunque sconta tutti i problemi che la crisi ucraina rischia di innescare, con molte aziende che potrebbero vedere i loro affari ridotti o addirittura azzerati. In più ha un problema legato al turismo.

La pandemia ha già ridotto le presenze russe, tuttavia esse costituiscono, a Genova e in tutta la regione, il terzo flusso di arrivi, dopo quelli tedeschi e francesi. Una guerra in Ucraina e le relative sanzioni a Mosca innescherebbero difficoltà senza precedenti. C'è di che stare in ansia. E la cosa brutta è che tutta questa storia la si può soltanto registrare. La Liguria, e a maggior ragione Genova, non hanno alcuna possibilità di intervenire. Possono solo sperare.