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E va bene. L'hanno scritto e ripetuto tutti: comunque vada a finire il sindaco Marco Bucci ora è più solo. Affronta, salvo sorprese ancora da venire, il futuro prossimo di questa città e, quindi, in gran parte di questa regione con i fatidici appuntamenti del 2026 Pnrr, le grandi opere promesse, Terzo Valico, Gronda, Tunnel subportuale e soprattutto Grande Diga, senza la compagnia anche spesso troppo stretta di Giovanni Toti, azzoppato, sempre salvo sorprese a quasi un anno e mezzo dal finale del suo secondo mandato regionale. E senza sicuramente l'ex presidente del porto, Paolo Emilio Signorini, che se ne era già andato prima della fine del suo secondo mandato. E che è stato rimpiazzato da Piacenza, anche lui mezzo azzoppato dall'inchiesta e forse, sempre salvo sorprese, commissariato.

Pure il vice ministro, Edoardo Rixi, fuori dalla tempesta giudiziaria, è un po' più lontano dalla scena, in attesa del responso elettorale che potrebbe indebolire tutta la Lega, a partire dal segretario-ministro, Matteo Salvini, che ogni due per tre veniva a mangiare la focaccia al formaggio di Recco, sua residenza di sfogo, con la compagnia genovese e ora si vede meno. Con tutte le grane che ha e ora ci mancava pure Genova patapum.
La solitudine del sindaco, anche lui giunto a tre anni dalla fine del suo secondo mandato, in una fase in cui già si programma il futuro, che per Bucci è un bel viaggio in barca, non come Toti a caccia di caviale e patate sul Leila II di Spinelli, ma del mitico percorso di Ulisse, dovrebbe spingere a qualche riflessione più solida sul futuro della politica in questa città.

Non se ne può più, e non certo solo a Genova, di questa frontale e durissima contrapposizione tra maggioranza e opposizione, che prevalentemente si insultano e basta. E' un brutto segno di questi tempi, che fanno rimpiangere quelli antichi, nei quali anche la durezza frontale dello scontro stile anno elettorale 1948 e di comunismo alle porte, era mediata dal rispetto reciproco, da contatti dignitosi tra nemici acerrimi, da un dialogo magari segreto. Il cardinale ultraconservatore Giuseppe Siri, che scomunicava i comunisti, ma poi viaggiava in borghese con la croce sul petto in Russia. Il Pci e la Dc si parlavano anche a Genova da un muro all'altro. Il Psi trattava con gli uni e con gli altri, che erano alternativamente alleati e nemici. I partiti laici spesso facevano da cinghie di trasmissione nel dialogo. Ma avevamo i Taviani, i Bisso, i Montessoro, i Gambolato, i Cerofolini, i Macchiavelli, i Canepa, i Biondi, i Gamalero, i Cassinelli, i Baffigi, i Persico, i Bemporad, tanto per citare i primi nomi, che il vecchio cronista sente di ricordare al volo, sull'onda di una rimontante nostalgia.

Oggi la maggioranza, sia quella regionale che quella comunale, pensano che prima di loro ci fosse solo il disastro, la decrescita felice, chi aveva affossato tutto, incapace di governare, di sognare, di fare. Il turismo chi l'ha inventato: solo il centro destra e l'industria chi l'ha affossata, solo i governi di centro sinistra, la sanità chi l'ha costruita con ospedali che crollano, se non quel consociativismo di basso profilo?

E l'opposizione, rincagnata di questi anni, che oramai sono quasi dieci, da quando è caduta quella che chiamavano la Roccaforte Rossa della Liguria, cosa fa? Attacca Toti, Bucci e i loro assessori, come se fossero una gang di privatizzatori, di alleati di grandi operazioni all'assalto del territorio, del commercio, cementificatori, monopolizzatori della grande distribuzione a scapito del tessuto storico, esperti solo in un vuoto marketing territoriale, premi, mestoli per il pesto, cotillon e fascia d'oro per la miss. E ora che è scoppiato lo scandalo ancora di più: corruttori, corrotti, attentatori ambientali, tra grandi opere fasulle e pericolose e rigassificatori inquinanti. Una cricca complice di misfatti a catena.

Non c'è mai stato il minimo dialogo, la minima dialettica politica da una parte e dall'altra. Ma ora è diverso se il sentimento che si prova per tutti, governanti sotto scacco e opposizione sotto silenzio, è quello del rischio che tutto si fermi in una specie di capovolgimento dell'ottimismo galoppante: la città che cresce di più, la popolazione che aumenta, la demografia che si salva, le grandi opere che cambiano, i cantieri da sopportare, ma che marchiano un futuro rosa-azzurro.

Mentre, invece, la catastrofe è che tutto si potrebbe fermare come in una pietrificazione maledetta: il Terzo Valico che resta in galleria, la Superdiga mezza sott'acqua e mezza fuori, il tunnel subportuale un buco per terra, il Waterfront solo un attico per qualche ricco milanese... Ecco, invece, che tutto potrebbe capovolgersi in un altro senso, con un sindaco che potrebbe rompere la sua solitudine aprendo un confronto vero con i suoi nemici della decrescita felice sulle cose che si possono fare insieme per salvare la baracca.

Ecco allora che l'opposizione potrebbe, invece di strepitare a ogni mossa della giunta, finalmente lavorare a dossier che contengano proposte di contenuto sui lavori in corsa, offrendo anche alternative, senza pensare che con lo scandalo, l'inchiesta e tutto il resto non c'è che da aspettare il diluvio conclusivo.

E poi, miraggio supercomplicato, magari le elezioni senza candidati presentabili. Si chiede troppo? Si chiede qualcosa che la politica di oggi, alla vigilia di elezioni europee nella cui campagna si parla di tutto meno che dall'Europa da riformare in tempi di guerra e di sconquassi geopolitici, non è capace di dare?

Qualche volta sono le circostanze a creare le condizioni auspicabili per ripartire dal crinale dell'abisso. Dopo la guerra sulle macerie della democrazia e di un paese distrutto fu la politica rinata con orizzonti finalmente democratici a ricostruire il dialogo tra forze tanto diverse, tra un Quarantotto e una Legge Truffa e le scomuniche del Vaticano. Mentre il mondo si divideva con la cortina di ferro nella guerra fredda. Si parlavano in quelle condizioni. E ora questi non si riescono a parlare neppure a cavallo di una Diga che sprofonda e di una galleria che non si riesce a bucare? In una città che viene divorata dal Regno del Nulla, come nella favola della Storia Infinita.