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Se n’è andato così come era arrivato: un carico di belle speranze e due annunci di altri rinvii. Parlando di ex Ilva e di Piaggio Aero, Adolfo Urso, ministro del Made in Italy, inserisce il governo guidato da Giorgia Meloni nel solco di quelli che lo hanno preceduto. Politici o tecnici che fossero. Sono anni, ormai, che si parla di questi due dossier importantissimi per l’Italia, per la Liguria e per Genova. Ma i risultati sono a zero.

Qualcuno osserva che le cose non stanno in questo modo. Anzi, si appellano al fatto che secondo Urso sarebbe cresciuto l’interesse delle imprese – italiane, straniere? Boh – nei confronti sia dell’una sia dell’altra. Ora, non è che abbiamo proprio l’anello al naso.

Ex Ilva: non c’è uno straccio di piano che metta insieme il rilancio industriale con il diritto alla salute (in particolare a Taranto). A Genova che cosa vogliono sentirsi dire, che l’impianto di Cornigliano è centrale? “E’ centrale”, dice Urso. Desiderano pure che almeno per ora non si metta in discussione il futuro delle aree (non) occupate dell’azienda? “Per noi - spiega il ministro – la prima cosa è la loro destinazione industriale”. Appunto, la prima. Se poi si passa alla seconda o alla terza allora non si sa.

La stessa cosa, in sostanza, avviene per Piaggio Aero. E’ dai tempi in cui la “piddina” Roberta Pinotti, genovese, stava nella Commissione Difesa della Camera (poi è stata sottosegretaria di Stato e ministra) che i governi di turno si sono occupati della questione. Meglio, hanno finto di occuparsene. Pinotti, che conosco bene, si è fatta il mazzo sull’argomento, ha cercato in tutti i modi possibili di portare a casa il risultato. Ma a parte qualche briciola qua e là, la missione non è andata in porto. Da allora Piaggio ha perso dipendenti, circa 400, e pure valore. Oggi con 70-80 milioni la porti a casa. Eppure non succede. 

E neppure è fin qui successo che Leonardo, la ex Finmeccanica, guidata dal genovese di adozione Roberto Cingolani, si sia fatta avanti. A Genova sarebbe per tutti una bella soluzione. Però è molto lontana. Uno: perché Leonardo è quotata in Borsa e dunque tocca al suo management decidere, non al governo. Il governo, però, è il proprietario: possibile che non possa proprio metterci il becco? Due: forse per Leonardo vale ciò che nessuno osa dire e cioè che Piaggio Aero non ci azzecca praticamente nulla con Piazza Monte Grappa. La quale non essendo più una conglomerata (ne sono felicissimi in Francia, Germania e Regno Unitodell’azienda non saprebbe cosa farsene.

Che tutte queste non siano considerazioni capziose credo che stia semplicemente nelle reazioni dei sindacati. Sull’ex Ilva ringraziano Urso, però restano “vigili”. In soldoni: non si fidano. Sulla Piaggio, parimenti, due navigatori di lungo corso quali Christian Venzano (Fim Cisl) e Antonio Apa (Uilm) mettono le mani avanti.

Dice Venzano: “Se ciò che afferma il ministro non si verificherà, dovrà essere lo Stato a intervenire”. Aggiunge Apa: “Non credo che dalle cinque proposte originarie possa uscire l’acquirente di Piaggio. Non credo che ci possano essere altri due soggetti interessati. Non credo che Leonardo possa improvvisamente intervenire adesso , se non si è mossa in questi anni”. Ergo: su ex Ilva e Piaggio Aero servirebbero le certezze che non sono arrivate dal ministro.