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Purtroppo anche il nuovo (quasi nuovo) segretario regionale del Pd è cascato nel “già fatto già detto” dei suoi predecessori liguri. Avevo sperato davvero che con il suo avvento cambiasse qualche atteggiamento stantio del partito democratico. Invece macché, anche questa volta guai a fare nomi su possibili e ipotetici avversari di Toti o Post Toti. Guai! Ecco ritornare la solita frase fatta: “Prima il programma!”.

Così i nomi scivolano nei corridoi, svaniscono nell’aria e il Pd si troverà a ridosso di elezioni che, in ogni caso, questa volta sono da giocarsi davvero fino in fondo, in ritardo per costruire una candidatura forte. Il candidato da conquista non si fa in quattro e quattr’otto, ma ci vuole tanto tempo e tantissimo lavoro.

Eppure, visto il panorama politico, sarebbe da sfruttare l’attuale disorientamento della maggioranza nazionale. Non che il centro sinistra-sinistra sia vigoroso. Anzi, è moscio “come una panissa bagnata” (frase rubata a un saggio democristiano d’antan), ma nel centrodestra l’aria che si respira è da “guerriglia urbana” e le regionali sarde di oggi, domenica, potrebbero aprire regolamenti di conti destinati a ingrandirsi con gli esiti delle prossime elezioni Europee.

I programmi politici li fanno gli uomini e le donne che si candidano. E quando questi non esistono alla vista, bisogna darsi da fare da subito, senza perdere tempo, selezionando i possibili personaggi, andandoli a scovare come facevano nel passato anche nella dimenticata “società civile”.

Eppure c’è una palestra straordinaria nella valigia del Pd ligure. E’ la “palestra dei Sindaci” che io considero da tempo la migliore espressione della sinistra. Ma anche del centrodestra. Giovani e meno giovani, donne e uomini, pronti a mettere la faccia ogni giorno, pronti a rischiare, davvero vicini alla gente e ai problemi, senza la necessità di “scendere sul territorio” (il Pd è sceso sul territorio da una decina d’anni, ma non lo ha più ritrovato!). Si fanno il mazzo per pochi euro, non chiudono mani l’ufficio, devono fare i conti con scelte spesso calate dall’alto su un territorio che è “loro” senza essere coinvolti o consultati.

Evviva il “Partito dei Sindaci Liguri”, bipartisan che in questo caso evoco per parlare dell’ incapacità dei vertici del Pd di provare a fare dei nomi. Ma che paura c’è? Risposta: “Di bruciarli!”. Allora fate il nome il giorno prima dell’apertura delle urne.

Insomma, a me viene sempre in mente un sindaco che, giorno dopo giorno, apprezzo per quello che dice, ma soprattutto per quello che fa. E’ Marco Russo e guida la città di Savona con intelligenza e ragionevolezza. Lo dico dall’esterno, sia chiaro, da quello che avverto seguendone le sue scelte. Intanto è riuscito, caso rarissimo, a far vincere una coalizione di centrosinistra, o meglio “progressista”, quel decantato “campo largo”, più ricco di enfasi che di effetti concreti. . Lui solo ce l’ha fatta nel 2021, e con una campagna elettorale allora lunga, l’avvocato savonese ha trionfato quando ci fu il ballottaggio battendo l’avversario di centrodestra con oltre il 60 per cento. Insomma è stato l’unico a “battere” Toti. Ho sperato che individuassero lui come “possibilità”.

Scrivevo un anno fa, quando lo conobbi dopo una intervista a D’Alema, che aveva “una storia alle spalle di tutto rispetto. Una famiglia che sa fare politica e l’ha fatta, una professione, ideali. Insomma la sua vittoria aveva indicato un’ ottima ricetta per tutto il centrosinistra.” Era diventato famoso nazionalmente dopo aver iscritto all’anagrafe il bambino figlio di due donne. Un bebé concepito all’estero con fecondazione assistita e poi nato al San Paolo di Savona. Spiegava Russo: “E’ la dichiarazione di nascita del minore con contestuale riconoscimento di filiazione da parte di una coppia omogenitoriale”.

Mi era piaciuto che avesse firmato personalmente l’atto per evitare di mettere nei pasticci il suo funzionario che così facendo sarebbe andato contro la direttiva del ministero dell’Interno, quella circolare contestatissima del ministro Piantedosi, oggi più noto per i manganelli “en liberté”, che impone lo stop a questo tipo di registrazioni non contemplate dalla legge. E ancora, da vero cattolico progressista, pochi giorni fa, ha firmato la cittadinanza onoraria per “Ius soli” per sessantanove bambini nati a Savona tra il 21 ottobre 2021 e il 31 dicembre 2022 da genitori stranieri residenti in Italia. “Sono parte integrante della comunità” ha spiegato, senza enfasi, ma con una concretezza da antico ligure. E ha aggiunto a corollario: che la scelta simbolica aveva “ il valore di pungolo nei confronti del nostro governo, affinché il diritto di cittadinanza venga riconosciuto a tutti i bambini che nascono, vivono, crescono e studiano nelle nostre città, insieme ai nostri figli…..

E’ uno di quei momenti in cui la politica, quando tratta di diritti e di persone, ha un senso immenso e perché dietro ognuno di quei nomi c’è la storia di una famiglia e la vita di una bambina o di un bambino che arricchiscono la nostra comunità e che saranno i savonesi di domani”.

Lo avranno capito i dirigenti del Pd che da un decennio aprono tavoli, scendono sul territorio a cercare funghi (i rari tartufi se li sono fatti portare via) che questo sindaco ha la stoffa (e il passato) da possibile nuovo leader?

Lui e gli altri e le altre, tanti e tante, che con la fascia tricolore si sbattono dalla mattina alla sera senza percepire i lauti stipendi dei politici regionali, ma facendosi un mazzo così. E questa volta avrei davvero voglia di usare un termine meno rotariano….