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In questi giorni natalizi nei quali tutti si sentono più buoni, magari senza esserlo affatto, personalmente mi iscrivo al partito dei realisti, se non proprio dei “cattivi”. E allora niente sogni nella letterina a Babbo Natale, bensì verità nuda e cruda, anche a costo di essere molto, anzi moltissimo antipatico. Dunque: ci sono l’accordo per il nuovo Patto di Stabilità europeo e il voto contrario del Parlamento italiano alla ratifica delle modifiche al Mes.

Partiamo dal Meccanismo europeo di stabilità, appunto il Mes. Su di esso si sono divisi sia la maggioranza sia l’opposizione. Ci sta. Molto meno ci stanno le tante parole che sono seguite. Dopo aver ascoltato certe “brillanti” affermazioni su temi molto banali (tipo: Gesù è nato a Nazareth), mi domando se i parlamentari sappiano di che cosa si stia parlando e per che cosa abbiano votato.

Ma soprattutto: come cambierà la vita degli italiani senza la nostra approvazione del Mes? Risposte. Uno: sono convinto che solo una minoranza (trasversale) dei parlamentari sappia che cos’è e come funzioni il Mes. Due: agli italiani non importa nulla di questo strumento perché sulla loro esistenza l’impatto è zero.

Non sarà così, invece, per il nuovo Patto di Stabilità. A me non è che i tedeschi siano particolarmente simpatici (a dirla tutta li detesto abbastanza), però stavolta sto con loro: o l’Ue ci impone regole più stringenti (per volere della Germania e pure dei francesi, altri “simpaticoni”) oppure finiremo davvero male. Quindi: il rapporto annuale fra deficit e Pil (Prodotto interno lordo) deve stare entro il 3%, però nel caso dei Paesi malmessi come il nostro deve tendere all’1,5%. Non è poco.

Quanto al debito pubblico, che oggi è attestato intorno ai 2.900 miliardi di euro, andrà tagliato dell’1 per cento ogni anno. Faccio venia di tutti gli altri tecnicismi (tipo il periodo transitorio ‘25-’27, triennio di fine legislatura con interessi conteggiati anche per la riduzione del debito) e vengo subito al quibus: per ogni annualità, nei prossimi anni l’Italia avrà bisogno di una buona messe di miliardi (12-15-20-30?) in più del solito.

Come tirarli fuori? La risposta arrivata subito è stata univoca: aumento delle tasse oppure taglio dei servizi. O, ancora, le due cose insieme. Nessuno che abbia suggerito la revisione della spesa. Una vera, autentica “spending review”, per dirla utilizzando la lingua inglese. Certo, lo so anch’io che tagliare pensioni, sanità e stipendi degli statali è ridurre il debito. Ma non è quello a cui mi riferisco.

Parlo, invece, dei miliardi che lo Stato spende per il proprio funzionamento e dei quali fanno parte denari letteralmente gettati al vento. Faccio un esempio che vale per i tanti altri possibili. Ci sono soldi sperperati in affitti mentre in tutto lo Stivale (in Liguria lo sappiamo bene!) sono migliaia i beni demaniali abbandonati, che per dimensioni e caratteristiche ben si attaglierebbero alla bisogna. Certo, magari bisognerà mandare a lavorare i “poverini” che oggi danno in locazione allo Stato i loro possedimenti (magari beneficiando i partiti, pur in modo legittimo), però ce ne faremo una ragione.

Non ce la faremo (almeno non io), al contrario, se la politica verrà a raccontarci che dobbiamo tirare la cinghia perché non ci sono alternative. Di sicuro non possiamo andare più avanti con un debito pubblico che ormai è prossimo ai 3.000 miliardi, tuttavia c’è modo e modo di rimettersi in carreggiata.

Ecco, allora se una cosa devo chiederla a Babbo Natale è proprio questa: un governo, non mi interessa il suo colore, che abbia il coraggio di rivedere la spesa pubblica senza cominciare da pensioni, sanità e stipendi degli statali. Prima c’è altro da tagliare. E si può.