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Ore 13, 15, di sabato scorso: via Fassolo, stradina nascosta dietro la trafficata via Buozzi, a Di Negro. In strada non c'è nessuno, in transito rare auto.

Sono lì perché vorrei filmare i binari della soprastante ferrovia che unisce San Benigno alla stazione Principe dove nei giorni scorsi sono avvenuti molti furti rame da parte del ladro seriale che di notte sfida la Polfer.

La massicciata Fs però è troppo in alto, per fare un video dovrei raggiungere i piani alti di uno dei palazzi adiacenti alla ferrovia. Non conosco bene la zona.

In giro c'è solo una donna che dopo aver posteggiato armeggia dentro un garage. Mi presento e le chiedo se nei paraggi c'è un posto da cui si può vedere bene la ferrovia. La donna ci pensa solo un attimo, e poi mi offre di andare a casa sua: "Ho il balcone affacciato sui binari, se vuole". Io quasi rifiuto. Non vorrei disturbarla. E penso, possibile che di questi tempi ci sia ancora una donna che fa entrare uno sconosciuto in casa? Ma, lei insiste. Nessun disturbo."Se ha pazienza chiudo il garage e saliamo".

Accetto, prima però estraggo il vecchio tesserino da giornalista e glielo mostro. Per rassicurarla, dicendole di non guardare la foto, impietosa, perché risale a quando non avevo neanche trent'anni. Lei sorride, poi mi accompagna in casa e mi fa fare i video. Non ha mai titubanze, paure.
Mi accenna alla sua storia di insegnante pendolare con la Toscana. "Io sono fra i viaggiatori danneggiati dai furti di rame, se posso essere d'aiuto per fermarli sono contenta". Io faccio i video con il cellulare e la saluto, la ringrazio, garantendo, come da lei richiesto, che le invierò il servizio sul ladro seriale che farò per il tg.

Esco da palazzo, però sono consapevole che le immagini riprese non solo ancora abbastanza, perché dal balcone della gentilissima insegnante si vede solo un piccolissimo tratto di binari.

La strada è ancora più deserta.

Sto per tornare verso la mia Vespa. Poi scorgo una suora non giovane che sta scopando il marciapiedi dell'ingresso di un imponente convento affacciato sui binari, posto ideale per filmarli.

Con un filo di voce mi presento e chiedo alla religiosa se posso approfittare del convento per fare dei video dall'alto: anche lei dice subito sì, smette di ramazzare e mi accompagna dentro il grande edificio che a prima vista sembra vuoto.

Mentre mi fa strada nella struttura penso a quante volte nel mio lavoro da cronista mi sono invece sentito dire no da persone che da dietro una porta chiusa hanno comprensibilmente avuto paura anche solo a rispondere alle mie domanda poste da pianerottolo.

Penso a quanti truffatori ogni giorno s'inventano le bugie più strane per riuscire ad entrare nelle case degli anziani per derubarli.

Oggi invece, in questo quartiere popolare, le uniche due persone incontrate per strada mi spalancano la loro porta senza titubanze.

La suora, veneta dei Colli Euganei, Padova, dell'ordine di San Giuseppe, rifiuta pure di dare un'occhiata al mio tesserino da giornalista che io le allungo per rassicurarla, "si vede subito che lei è una brava persona" spiega raccontandomi poi del lavoro di cucito che nel convento lei ed altre suore svolgono per le chiese e per i preti di Genova. Poi mostra con orgoglio la cappella della struttura come un Cicerone che svela i segreti della sua prestigiosa dimora.

Io ringrazio stupito di tanta gentilezza ed esco con i video per il servizio e quasi sopraffatto dalla bellissima consapevolezza che nonostante l'allarmismo e i tanti inviti a non fidarsi degli sconosciuti ci sono ancora persone accoglienti come l'insegnante e la suora.

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