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Ascoltando le interviste ai ragazzi di ‘Orientamenti’ a caccia di idee e stimoli per il loro futuro, appare sempre più netta la differenza con le generazioni del passato: sono evidenti la voglia di uscire dai confini, il desiderio di scegliere, provare esperienze, la consapevolezza che non ci sarà una strada certa e tracciata per sempre. Bisogna sperimentare, mettersi in gioco ed essere pronti alle sfide che si presenteranno.

Ma ciò che più impressiona osservando questi ragazzi e altri, nati nel terzo millennio, è una maturità quasi mai riconosciuta: “Non ci sono più i valori di una volta” è una frase che, purtroppo, non invecchia mai. Le vecchie generazioni insorgono, criticano, bacchettano le nuove leve: contestano proprio la mancanza di certezze, l’incapacità di costruire un futuro e incolpano l’uso dei social, le mode, le tendenze di quest’epoca.

Guardando quello che accade a Genova c’è un tema che appassiona le persone un po’ avanti negli anni e che viene utilizzato come esempio della decadenza dei nostri tempi: la movida. I residenti del centro storico di Genova accusano i ragazzi di non avere rispetto. In una recente trasmissione di Primocanale, un autorevole esponente politico ha espresso l’auspicio che i locali chiudano a mezzanotte, per consentire il meritato riposo delle persone che vivono nei vicoli. Bisogna fermare gli schiamazzi, quel vociare fastidioso, risate sguaiate che proseguono oltre l’una, le due di notte. Oddio!

Il buon senso imporrebbe che ci sia spazio per tutto, nel rispetto delle regole. Ma, nel dibattito, anche acceso, delle ultime settimane, l’unica motivazione che restituisce qualche speranza ai giovani genovesi di poter vivere (quel poco che c’è) delle notti in Piazza delle Erbe è quella di dover in qualche modo assicurare un po’ di meritati guadagni ai commercianti del centro storico.
Il meritato riposo degli anziani, il meritato guadagno dei negozianti. E basta? Per quale ragione un giovane, invece, non si meriterebbe un po’ di sano divertimento, insieme agli amici, in strada, nelle piazze, seduto in un pub, dove poter ridere e scherzare, socializzare e sedurre, magari anche vagare nella notte, alla ricerca di un perché.
Sembra che questo voler colpevolizzare i giovani sia prodotto da chi giovane non è più, forse per invidia, forse per un senso (o complesso) di superiorità non giustificata: d’altra parte è sempre successo così: vent’anni fa si rimpiangevano gli anni’80, quarant’anni fa gli anni ’60. Oggi i quarantenni tendono a raccontare la loro lontana gioventù come molto più sana, equilibrata, priva di eccessi. Ma i giovani di oggi possono stare tranquilli: quella è una favola, non è così.


Ciò che talvolta perfino fa sorridere è che quanti fanno la morale ai giovani che osano divertirsi nei vicoli di Genova sono magari gli stessi che li accusano di passare troppo tempo davanti al telefono, di oscurare la propria esistenza attraverso i social, di non essere in grado di integrarsi e socializzare.
E il problema è che, spesso, sono proprio gli anziani a non saper usare questi strumenti. E sono gli ultimi a staccarsi: una recente indagine ha spiegato come il 77% della popolazione adulta è online prima di addormentarsi. Insomma ci provano, si connettono, ma cadono nella passività, forse perché, in fondo, il loro mezzo di comunicazione naturale è la televisione: così accedono a facebook, girano a caccia di meme e notizie morbose, si riguardano le liti delle loro trasmissioni preferite, si indignano con Signorini che parla di aborto o con chi lo accusa, si appassionano del nulla, si riguardano le stories per scoprire le notti segrete dei vip, ma si comportano come se avessero in mano un telecomando. In alcuni casi riescono a interagire, ma si lanciano in commenti e invettive, liberando quell’odio che avevano dentro e non erano mai riusciti ad esprimere. Ecco, per questo servirebbe una rassegna tipo ‘orientamenti’, per quelli un po’ più grandi, per far capire come ci si orienta davanti a uno smartphone, un social o una app.

D’accordo, generalizzare è un errore, ma allora non si deve fare nemmeno con giovani e adolescenti. La sensazione è che questi ultimi siano quanto meno più preparati all’imprevisto e che sappiano in qualche modo scegliere se stare con lo smartphone in mano o con la birra nei vicoli. E quell’anziano del centro di Genova che si è scandalizzato per un coro da stadio all’una di notte proprio sotto casa sua non sia ipocrita, ammetta che a quell’ora stava riguardando per l’ennesima volta il video di Selvaggia Lucarelli che gridava con Morgan a Ballando con le Stelle. E allora era meglio bere un bicchiere al pub e fare la corte a una bella ragazza, o come forse direbbero quelli della generazione Z, drinkare e lovvare nei vicoli di Genova.