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GENOVA - La Capitale del Libro rischia di perdere una delle più ricche e straordinarie collezioni italiane di …libri del Novecento. Purtroppo non è una poco divertente battuta. Cinquecento casse, piene di quasi cinquantamila volumi, alcuni rarissimi e preziosissimi potrebbero scappare da Genova, così come hanno fatto tanti intellettuali nel passato e purtroppo troppi giovani cervelli ancora oggi. Mi rifiuto di pensare che questa nostra città se la lasci scappare, così come accadde negli anni Settanta quando Genova perse la fantastica collezione d’arte di Alberto Della Ragione, l’ingegnere che negli anni Sessanta avrebbe voluto donare alla sua città, in previsione di un possibile Museo di Arte Contemporanea. Scappò quella collezione e finì a Firenze.

Se sparisse questa collezione emigrerebbero dalla nostra città le meraviglie che nei decenni ha raccolto con passione e amore maniacale (prerogativa di tutti i bibliofili) Pippo Marcenaro, originale figura di intellettuale spesso contro-corrente. Ha cercato disperatamente una casa per i suoi libri, le lettere autografe i manoscritti, un pezzo di storia della letteratura e dell’arte, ma non c’è stato nulla da fare. Non è servito nemmeno l’appello di marzo del sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi, quando si seppe che Genova era stata designata come Capitale del Libro. "Una città colta come Genova – spiegava Sgarbi - saprà trovare la giusta soluzione, ancor più adesso che si fregia del titolo di Capitale del libro 2023".

Proprio su queste pagine Franco Manzitti lanciava l’idea di sistemare la collezione in una restaurata palazzina Labò alla Villetta Di Negro. Alcuni mesi fa, rammaricandomi per l’abbandono di Villa Gruber in Circonvallazione,  pericolante su un parco oggi concimato in eccesso dalle troppo libere cacche di cani, ipotizzavo di vedere i libri di Pippo in un piano della villa dei Perrone restaurata e trasformata in scuola.

Niente di niente.

Le casse sono conservate in alcune stanze della nuova biblioteca universitaria di Principe in attesa di una decisione: che magari intervenga lo Stato e acquisti la collezione dopo averle dato anche un valore “venale”. Che intervenga il Comune trovando una sede. Insomma, che si salvi.  E che Marcenaro con lo studioso Piero Boragina (titolari effettivi della collezione) possano finalmente dare vita a un Centro studi Novecenteschi qui a Genova.

Riguardo nell’archivio di Primocanale il video di una visita che feci anni fa in salita Santa Brigida, nella casa-museo di Marcenaro per tenere in mano una lettera dall’Africa di Arthur Rimbaud  a un amico italiano, arrivata all’intellettuale genovese dopo un passaggio per antiche mani, da Carlo Bo con una raccomandazione: “Questa conservala tu….”. Tengo in mano con emozione anche la penna stilografica con cui Carlo Emilio  Gadda scrisse “La cognizione del dolore”.

Deve sparire tutto? Magari insieme alle opere di Eugenio Montale, alle lettere di Lucia Rodocanachi la traduttrice che tutelava nella sua villa di Arenzano l’arte di tanti scrittori, a centinaia di altre preziosità del Novecento che dovrebbero essere messe a disposizione di tutti, non solo degli studiosi. Diffondere  le pagine scritte è la minima ambizione di una Capitale del Libro!

Titolo senza dubbio altisonante e che mi riempie di orgoglio essendo un fanatico della pagina scritta. Ma c’è silenzio che speriamo davvero non sia indifferenza. Nessuno decide: sì o no.

Pippo, amaramente, commenta. Con l’ironia che lo contraddistingue e che rende sempre piacevolmente pepati i suoi saggi, magari quelli sui Genovesi, inglesi solo per via di qualche cravatta regimental, gelosi delle loro ”cose  rare” chiuse ermeticamente nelle grandi case, con immense sale d’entrata dove far decantare gli indesiderati ospiti foresti. “Ora che si sta perdendo la lingua questi libri firmati, con appunti, lettere di accompagnamento, fotografie sono la testimonianza di un secolo che i giovani hanno diritto di conoscere. E poi non si può pensare che il futuro di una città sia fatto solo con le pietre….”.