Ho letto alcuni giorni fa la notizia che l’avvocato Mauro Ferrando, presidente della Porto Antico, è stato bocciato da un circolo privato genovese. Avete presente quelle riunioni in cui si presenta la domanda di un candidato che chiede di entrare a far parte del club e tra le numerose palline bianche ne spunta una nera o magari anche due o tre? Ecco, credo che più o meno la procedura sia stata questa. Uno o più soci presentano un richiedente-asilo, convinti che nessuno sollevi obiezioni e, invece, eccole le sfere nere a dire "no. Tu non entri perché non sei degno". Degno di che? Boh? Probabilmente le sfere possono garantire l’anonimato del bocciatore o dei bocciatori, perché se i contrari dovessero alzare le mani si potrebbero sapere i loro nomi e a Genova, è noto, che questi nomi girerebbero in poche ore da un circolo all’altro, da un salotto all’altro, da un ufficio all’altro. E magari potrebbero suscitare reazioni o dispettucci.
Si dà il caso che l’avvocato Ferrando oltre a essere un affermato professionista è anche un amico del sindaco Marco Bucci, che, apprendo leggendo, sarebbe anche socio onorario del suddetto club. Quindi, per la proprietà transitiva (non so se questo sia nelle regole statutarie della generosa confraternita dell’accoglienza) anche il sindaco in qualche modo è stato bocciato. È chiaro che in un circolo privato, i privati che lo compongono scrivono le regole che desiderano, purché paghino le tasse e non gettino i resti del Saint Honoré dalle finestre sulle teste della plebe. Quindi hanno il diritto di bocciare chi vogliono, di far entrare chi a loro piace e far uscire chi a loro non piace. Magari prima di presentare un nuovo socio si fa un piccolo sondaggio, per verificare che "non ci siano problemi", che il presentando non abbia sfidato a duello nessuno dei soci effettivi, non abbia tamponato volontariamente con la sua auto l’auto del presidente, o abbia portato via da sotto gli occhi dei consiglieri affamati l’ultimo tartufo a disposizione sul mercato d’Alba.
È che oggi, di questi tempi strani, cupi, pandemici, bellici, migratori, di crescita esponenziale della povertà umana, una notizia del genere stupisce e per alcuni aspetti, addirittura, rasserena. Perché vuol dire che a Genova si sta bene e c’è ancora chi può pensare a queste palle, nere o bianche o birulò, dicendo, come si faceva ai giardinetti da bambini dispettosi con un presunto amichetto: no tu no. Con te non gioco. Confesso che pensavo che la filosofia del "tu resti fuori", così in voga negli anni Ottanta e Novanta a Genova, fosse finita per sempre. Che magari se entra nel mio club, maniman… Meglio non vederlo. Che poi è presidente della Porto Antico, e io invece no.
Per fortuna oltre ai circoli del no, anche nella nostra povera città, esistono i circoli del sì, quelli che non possono essere definiti "esclusivi" nel senso di escludere, ma al contrario, inclusivi nel senso di includere, accogliere. Ricordo una volta di aver accompagnato da giornalista un arcivescovo di Genova a Pontedecimo in un prestigioso circolo operaio (oh pardon…) della Valpolcevera (150 anni, mi pare) di tradizioni decisamente comuniste che aveva invitato l’altissimo prelato. Non ci furono palline nere e nemmeno rosse. L’arcivescovo parlò, da arcivescovo. I compagni ascoltarono, credo, restando fermissimi sulle loro idee e fedi. Le falci e i martelli rimasero chiusi negli armadi con le bocce e il principe della Chiesa non fece inginocchiare alcuno dei presenti. Alla fine della chiacchierata, una bella cena col fritto misto e la benedizione. Se posso dare un consiglio da anziano all’avvocato Ferrando, gli suggerisco: caro avvocato non si turbi, cambi circolo. Se poi cerca un luogo per pranzare vada in una "sciamadda" nei "rebighi" di Sottoripa. Lì di palle non ne girano e c’è abbondanza di friscieu. Per tutti.
IL COMMENTO
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