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“E’ il suono della palla che fa la differenza”. L’aforisma di Marco Giampaolo plana sul centro sportivo di Temù come il caldo atipico di questa estate rovente anche in altura. L’allenatore lo rivolge ai suoi giocatori, ma è come se fosse indirizzato a tutto il mondo Sampdoria, dove il pallone, ingrediente principale di questo carrozzone chiamato calcio, ha ripreso a girare con i giri giusti dopo anni di rimbalzi anomali.

Sebbene la società non abbia ancora cambiato proprietà e molti (non tutti) i dirigenti siano gli stessi, il clima è già cambiato e si respira, si tocca, si percepisce. C’è un’aria di operosa attesa: ciascuno lavora, secondo i propri compiti e le proprie professionalità, come se il futuro fosse oggi e non domani. Perché tutti hanno a cuore il bene della Sampdoria, oltre al proprio (legittimo) tornaconto personale. Ed è anche il motivo per cui il possibile, probabile spoil system degli angloamericani porterà, se e quando saranno operativi in sede, cambiamenti ma forse non rivoluzioni e stravolgimenti totali. Chi sta trattando il club, osserva. E registra. Ci sono esperienze che dimostrano come talvolta radicalizzare il mutamento possa rivelarsi controproducente. Più opportuno soppesare con cura ogni scelta.

Qualche giorno fa Marco Giampaolo, in una chiacchierata informale, mi ha detto questa cosa con disarmante naturalezza: “Se chi compra la società decide di mandare via tutti, me compreso, fa bene. Se ritiene che altre figure rappresentino un valore aggiunto per il club. Ma, intanto, abbiamo il dovere morale e professionale di lavorare al massimo delle nostre capacità, perché la storia della Sampdoria dice che non dovrà mai più accontentarsi di vivacchiare”.

Certo, i problemi e le difficoltà non mancano e nessuno lo nasconde. Il mercato è in stallo perché bisogna mantenere gli equilibri finanziari, alla squadra mancano due centrocampisti, un difensore centrale e, se dovesse partire Antonio Candreva, anche un esterno. “Ma non siamo disperati, semplicemente vogliamo ragionare e fare le cose per bene”, ci ha confidato nei giorni scorsi il direttore sportivo Daniele Faggiano, impegnato nelle trattative con il responsabile dell’area tecnica Carlo Osti.

Il fatto che in ritiro si configuri l’intero consiglio di amministrazione (dopo Alberto Bosco, salito a Pontedilegno e appena rientrato a Genova) è un segnale di compattezza, coesione e maturità in quello che potrebbe essere il momento della svolta. Non imminente, non dietro l’angolo ma (come spieghiamo nell’articolo pubblicato ieri sera, leggi qui) concretamente realizzabile nell’arco di un paio di mesi.

Questo vento che ha ripreso a girare in una direzione opposta a quella precedente è stato recepito anche dai tifosi: Temù, Pontedilegno, Vezza d’Oglio nel fine settimana fanno registrare il tutto esaurito. Il Samp City in versione trasferta, gestito da Silvia e Laura, fa affari d’oro. E a Genova gli abbonamenti volano. Il tutto a scatola chiusa. La Sampdoria, anche grazie al grande lavoro svolto dall’ufficio comunicazione, è tornata di “proprietà” della sua gente, in attesa di una proprietà superiore. Senza eccessi, senza isterismi, senza sbracature, senza ruffianerie, senza raccontare favole. Ma con uno stile che ricorda quello di tempi non troppo lontani.

Anche per questo, per contribuire nel suo neanche tanto “piccolo”, Primocanale ha deciso di investire sulla Sampdoria, regalando ai tifosi con uno sforzo editoriale importante le partite in diretta nel corso del ritiro ed una presenza costante durante le due settimane in Valcamonica. Perché questa è la Sampdoria che piace a noi, piace alla sua gente e sta piacendo da matti anche ai potenziali acquirenti, che non a caso in questi giorni sono impegnati a tessere rapporti molto fitti con il cosiddetto territorio e attraverso la Sampdoria, l’asset principale, intendono entrare “dentro” Genova e la Liguria con investimenti e progetti. Meglio, molto meglio anche per loro farlo indossando la maglia più bella del mondo.