
C'è una data che potrebbe cambiare tutto quello che riguarda la già complessa viabilità genovese. In peggio, chiaramente. È quella del primo gennaio 2026, quando inizieranno i monitoraggi previsti dal decreto per la sicurezza di tutti i ponti, viadotti, rilevati, cavalcavia e opere simili stradali esistenti in Italia. Una serie di controlli che potrebbe portare a divieti, restringimenti di corsia per alleggerire il carico o addirittura chiusure sulle vetuste infrastrutture utilizzate ogni giorni da migliaia di genovesi per raggiungere l'ufficio, casa propria o la scuola.
A Genova 620 tra viadotti, impalcati e strade sopraelevate. Quasi tutte risalgono agli anni '60
Alla base dei problemi delle infrastrutture di Genova c'è l'orografia della città, prima in Italia per numero di viadotti, impalcati e strade sopraelevate (in tutto sono 620), ma anche il loro anno di costruzione. Molte, se non tutte, risalgono agli anni '60, come il ponte Morandi crollato il 14 agosto 2018 uccidendo 43 persone.
Il rischio è di avere diverse infrastrutture con corsie chiuse e divieti di peso per camion e autobus
Le ispezioni del reticolo urbano genovese, operazioni necessarie prima del monitoraggio, sono iniziate nel 2023 e hanno già fatto delle "vittime", tra cui il ponte blu del Cep: nonostante un intervento di manutenzione di quattro anni fa, dopo i primi controlli è stato subito messo nella categoria degli 'osservati speciali'. Sono infatti presenti delle criticità statiche tali da obbligare a stabilire un limite di carico. Per questo oggi, sul ponte, non possono transitare mezzi più pesanti di 7,5 tonnellate e la velocità massima consentita (a tutti) è di 30 km/h.
"Dai monitoraggi ci potranno essere tre esiti" spiega a Primocanale l'assessore alle infrastrutture Massimo Ferrante, "caso per caso, ponte per ponte, ci potrebbe essere un esito positivo, oppure ci verrà detto che sono necessari interventi. Ma c'è anche la possibilità che siano necessari alleggerimenti che comporteranno stop a camion e autobus o persino la chiusura di corsie su determinati impalcati".
La soluzione nei 40 milioni di Autostrade per l'Italia che però non arrivano
La soluzione ai problemi che Genova dovrà affrontare potrebbe trovarsi nei quaranta milioni che rimangono dai ristori di Autostrade per l'Italia dovuti al crollo di ponte Morandi. Una tesi che il Comune sta portando avanti da mesi, tanto che a inizio agosto la sindaca di Genova Silvia Salis era andata a Roma per un incontro con il ministro Salvini - in cui si era parlato anche dei soldi per lo Skymetro - a cui aveva chiesto di intercedere con Autostrade per avere quei fondi. Sempre in quell'occasione, l'amministrazione aveva presentato un piano di manutenzione di gran parte delle infrastrutture genovesi. La risposta era stata però negativa: quei soldi servono a coprire l'aumento dei costi del tunnel Subportuale.
"I soldi sono stati utilizzati in gran parte per processi di informatizzazione, l'amministrazione precedente non ha mai chiesto di rivedere l'accordo sui ristori: erano dovuti al crollo del Morandi, dunque sarebbe stato logico monitorare le infrastrutture cittadine" spiega Ferrante. Stando alle parole dell'assessore, la direzione strade aveva già lanciato un grido d'allarme che era stato raccolto, negli ultimi mesi, dalla precedente giunta: "L'allora facente funzione sindaco Piciocchi aveva scritto alla commissione preposta sui ristori palesando la necessità di avere finanziamenti sulle infrastrutture, istanza che abbiamo ripreso".
Sembra quindi che senza i ristori di Autostrade la viabilità genovese sia a rischio, andando a creare non poche problematiche. “Sembra quasi inutile pensare a grandi opere come il tunnel subportuale o la Gronda - conclude Ferrante - se sarà impossibile raggiungerle”.
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