"Oggi Genova mi ha detto sì in modo unitario alla possibilità di un forno elettrico da realizzare nell'ex Ilva di Cornigliano" così il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso al termine di una serie di incontri alla prefettura di Genova con gli enti locali, i sindacati, le imprese e i comitati. Il ministro è arrivato intorno alle 11 in prefettura. Per realizzare l'eventuale forno elettrico capace di produrre 2 milioni di tonnellate servirebbero un miliardo e trecentomila euro. Ma non mancano i dubbi e le incertezze. Il primo riguarda chi investirà i soldi necessari per realizzare, eventualmente, un forno elettrico nell'ex Ilva di Cornigliano; il secondo è che tutto dipende comunque da cosa deciderà di fare Taranto, che ancora il nodo non lo ha sciolto; il terzo dubbio rimanda a come verrebbe alimentato l'eventuale forno elettrico di Genova, e anche qui dipende dalle scelte che verranno fatte a Taranto e dagli investitori privati.
Solo dopo il 15 settembre, data ultima per presentare le manifestazioni d'interesse, il quadro potrà essere almeno un po' più chiaro. Il ministro chiederà nei prossimi giorni alle istituzioni locali della città pugliese di "esprimersi in maniera chiara sul progetto legato alla realizzazione del preridotto" necessario per alimentare i forni elettrici, in caso di valutazione negativa la prima alternativa è quella di Gioia Tauro.
Il nodo dell'alimentazione elettrica del forno
Un primo nodo cruciale sarà attendere il 15 settembre. Delle offerte sarebbero già arrivate ma resta di capire su cosa puntano. Se ci saranno soggetti pronti a investire nella siderurgia in Italia per arrivare a più di 6 milioni di tonnellate di produzione allora si aprirebbe l'ipotesi forno elettrico a Genova. Il Governo per Taranto infatti ha previsto la realizzazione di tre forni elettrici capaci, appunto, di arrivare a una produzione massima di 6 tonnellate di acciaio all'anno. Ma resta aperta anche la strada di un divorzio tra Taranto e gli impianti del Nord Italia (Genova, Novi Ligure e Racconigi). Il ministro Urso ha sottolineato come la priorità sarà data a chi presenta un'offerta unica, per il pacchetto completo insomma. Ma una valutazione verrà data anche per chi eventualmente decide di presentare una proposta solo per gli impianti del Nord. Il discorso legato al Dri lascia aperte diverse ipotesi: si parte dal fatto che a Genova non si può realizzare a causa della presenza subito accanto dell'aeroporto che va a interferire sull'impianto. Taranto deve dare una risposta, Gioia Tauro è l'alternativa. Ma tra le diverse ipotesi messe sul tavolo anche quella che un eventuale investitore possa decidere che il proprio impianto per il preridotto venga collocato all'estero (da realizzare o già esistente).
I tempi per l'assegnazione degli impianti
Il ministro Urso scandisce anche i tempi: entro la fine di novembre potrebbe concludersi la fase di valutazione delle manifestazioni d'interesse, poi inizierebbe la terza fase legata alle valutazioni da parte dell'antitrust europeo e la Golden Power nazionale, questa fase dovrebbe durare tre mesi circa. "Pensiamo di conseguenza - analizza Urso - che se tutto andrà come speriamo, si potranno assegnare gli impianti ai nuovi investitori privati nella prima parte del prossimo anno". Poi inizierebbe tutta la valutazione legata agli accordi di programma insieme ai sindacati e agli altri enti.
Bucci: "Il progetto libererebbe 300mila metri quadrati di aree"
Il presidente di Regione Liguria Marco Bucci al termine dell'incontro analizza: "C'è un sostanziale consenso nell'andare avanti con la disponibilità di Genova per un impianto di forno elettrico per poter arrivare ad avere il materiale pronto per la produzione di latta e zincato. Questo porterebbe un aumento dell'occupazione, parliamo di centinaia di posti di lavoro. Inoltre con questo impianto si libererebbero 300mila metri quadri delle aree ex Ilva che potrebbero essere utilizzati per altre attività industriali".
Salis: "Mi devo occupare sia del tema ambientale che di quello occupazionale"
"Non ho mai manifestato preclusione a questo progetto, è chiaro che c'erano un po' di temi da affrontare - spiega la sindaca Silvia Salis al termine dei vertici -. È un errore perdere la filiera dell'acciaio in Italia. Abbiamo fatto degli approfondimenti in tema ambientale, ci sono 34 forni elettrici in 26 città d'Italia, alcuni anche molto vicini a luoghi densamente popolati. La nostra paura più grande è che la gara vada deserta e che non ci sia interesse su Genova". E ai comitati del 'no' la sindaca dice: "Accetto il dissenso, capisco il loro punto di vista, gli ho detto che io mi devo occupare sia del tema sociale e ambientale che di quello industriale e occupazionale". Uno dei temi collegati riguarda quelli che la sindaca chiama "risarcimenti" per il quartiere con la promessa di investimenti per Cornigliano.
I comitati di Cornigliono contrari al forno elettrico
I comitati contrari al forno elettrico al termine dell'incontro del ministro Urso hanno diffuso un comunicato unitario: "Pensare di inserire un impianto del genere su un territorio già martoriato è una profonda offesa alla città di Genova ed in particolar modo ai Corniglianesi, un’offesa verso tutte quelle famiglie che negli anni hanno visto spegnere i propria cari tra sofferenza inimmaginabili, malattie croniche, malattie respiratorie, cardiovascolari, tumori, patologie diffuse a causa dell’inquinamento prodotto dall'acciaielleria. Ora abbiate l’onestà di non venirci a raccontare la menzogna dell’acciaio "green" perché non esiste al mondo un impianto siderurgico con forno elettrico ad impatto ambientale nullo e senza emissioni". I comitati hanno anche ricordato la sentenza del Tar del 2001 che impedirebbe il ritorno alla produzione a caldo nell'area di Cornigliano.
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Il corteo e lo striscione: "Lavoro e ambiente pulito"
È stato uno striscione rosso con scritto "Lavoro e ambiente pulito" ad aprire il corteo dei lavoratori delle acciaierie di Cornigliano che hanno sfilato in via Roma e hanno fatto un presidio davanti alla Prefettura di Genova, dove è in corso la visita del ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso. In piazza i rappresentanti di Fiom, Fim, Uilm e Usb che attendono l'incontro con la delegazione sindacale, previsto in tarda mattinata. In presidio con uno striscione anche i rappresentanti del comitato per il lavoro e per un sano sviluppo di Cornigliano, favorevoli al forno elettrico.
"Il settore industriale è centrale nella storia economica di Genova e della Liguria e deve restare tale perché è un settore che sviluppa valore aggiunto, lavoro di qualità e progresso tecnologico - spiegano Cgil Genova e Liguria, Fiom Genova -. Da anni Cgil e Fiom sostengono che la nostra economia non può essere schiacciata solo su servizi, commercio e turismo, senz’altro settori economici importanti, ma da soli non sufficienti a garantire sviluppo e lavoro di qualità. Tra l’altro, in una regione che sta vivendo un pesante inverno demografico, dove fare a meno dello sviluppo industriale significherebbe condannare i giovani all’emigrazione e la Liguria ad un veloce declino demografico. Infine è indispensabile nei nuovi investimenti siano garantite le risorse che il quartiere di Cornigliano aspetta da tempo e che questi possano finalmente portare a compimento la completa riqualificazione e lo sviluppo economico e sociale".
"Ci aspettavamo risposte più precise e dettagliate dal ministro Urso: non possiamo dirci soddisfatti». È la posizione espressa dal segretario generale della Cisl Liguria, Luca Maestripieri, e dal segretario generale della Fim Liguria, Christian Venzano, dopo l’incontro di oggi. Secondo i sindacalisti Cisl, il rilancio dell’ex Ilva continua a essere caratterizzato da troppe incertezze: "Ciò che serve al Paese è un grande piano unitario per rilanciare la siderurgia italiana, non soluzioni parziali o frammentate". Per Cornigliano, spiegano Maestripieri e Venzano."Il forno elettrico può rappresentare un’opportunità importante sia dal punto di vista produttivo sia sotto il profilo occupazionale, ma solo a una condizione imprescindibile: che venga realizzato con criteri di piena e certificata sostenibilità ambientale". La Cisl e la Fim ribadiscono inoltre la necessità di un pacchetto di investimenti concreti: "Cornigliano ha bisogno di una prospettiva industriale solida e duratura e di un ripristino effettivo delle condizioni di sicurezza nello stabilimento. Senza queste garanzie, ogni ipotesi di rilancio rischia di rimanere incompiuta".
"Idee poche e confuse come sul resto delle tematiche industriali in Liguria - dichiara Riccardo Serri, segretario generale Uil Liguria. Questo non è un metodo di confronto fruttuoso, è sola finta condivisione. Sul territorio non si riesce a fare sistema ed il ministro non è riuscito a dare un orizzonte alle acciaierie di Cornigliano. La politica dell’emergenza non funziona più. Occorre mettere a sistema ciò che abbiamo in termini di risorse industriali, politiche, istituzionali per mettere al centro la qualità del lavoro, del reddito e delle strategie per il rilancio. Un'economia sana produce, non si fa solo con il terziario. Le aree ex Ilva sono troppo appetibili ma non possiamo destinarle solo al terziario. Siamo per la produzione e per un patto per l'economia e per il lavoro che superi quelli piccoli di turismo, commercio, artigianato. Abbiamo bisogno dell'impegno di politica e istituzioni per porre al centro la questione industriale a Genova e in Liguria" conclude Serri.
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