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GENOVA - La guerra in Ucraina sta generando dolore e sofferenza ma anche una risposta fatta di solidarietà e accoglienza per i profughi. Jacopo Cosenza, genovese ora residente in Trentino, ha utilizzato le sue ferie per recarsi a Zàhony e Čop, rispettivamente in Ungheria e Ucraina, per dare un primo sostegno ai bisognosi: "Ci sono soprattutto donne e bambini - spiega - in Ucraina è in atto la legge marziale per cui dai 18 ai 60 anni gli uomini devono andare in guerra e non possono uscire dai confini. I più fortunati avevano una valigia normale, gli altri un sacchetto della spesa con le poche cose che si erano portati via".

"Molti erano convinti di tornare nelle proprie case in Ucraina - prosegue - ci chiedevano quando sarebbe finita la guerra, abbiamo provato a rassicurarli".

Oltre ai tanti ucraini erano presenti molti ragazzi indiani per motivi di studio: "In India c'è un sistema di casta che impedisce a molti ragazzi di frequentare la facoltà di medicina, quindi si è creata una relazione tra i due paesi perché qui possono farlo ad un costo non troppo elevato. Ho conosciuto un ragazzo, gli mancavano sei esami ma è dovuto scappare. Ci sono tante storie simili".

Oltre all'accoglienza dovuta alla fuga dalla guerra va monitorata anche la situazione pandemica o si corre il rischio che le emergenze si vadano a sommare: "Chiaramente chi scappa non dà troppo peso alla mascherina - spiega - ma qui arrivano tante persone ammassate sui treni. Ne arrivano sette al giorno per Budapest in totale sovraffollamento, ci sarà un problema sanitario da affrontare".

Anche in una situazione così difficile c'è comunque la possibilità di far germogliare un sorriso: "Ad una bambina ho fatto un aeroplanino di carta col biglietto del treno. Era con la sorella e la mamma. Mi ha dato un abbraccio bellissimo quando il treno è partito". Poi conclude: "Il popolo italiano si sta dimostrando un popolo che comprende chi scappa dalla guerra. Italia, Romania, Ungheria, Polonia: stiamo facendo tutti qualcosa per loro, sono in fuga e non sanno dove ricostruiranno una vita e una famiglia, abbiamo il dovere di accogliere queste persone e cercare di dare loro una certezza". 

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