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GENOVA - La questione dei cinghiali che 'abitano' ormai da tempo il letto del fiume Bisagno sta sempre più a cuore agli animalisti, genovesi e non solo. Dopo che alcuni attivisti hanno proclamato lo sciopero della fame contro l'ipotesi di abbattimento o di allontanamento degli ungulati dal quartiere di Marassi, poiché "oramai è il loro habitat", le associazioni Rete dei santuari di animali liberi, Vita da Cani, Animalisti genovesi e Fine dello specismo tornano a scrivere alle istituzioni liguri per ottenere delle risposte. 

Ad allarmare alcuni animalisti è stata la presunta 'cattura' avvenuta giovedì scorso a Genova, di quattro cinghiali che vivevano pacificamente nel torrente Sturla: secondo quanto riferito da alcuni residenti, quattro esemplari - per alcuni quattro cuccioli sottratti alla mamma nella foto - sarebbero stati catturati e portati via senza motivo. Di questa vicenda non sono arrivate conferme, però, dagli organi competenti tanto che agli stessi testimoni è sorto il sospetto che potesse trattarsi di una iniziativa privata. Anzi, da Regione Liguria viene smentito convintamente che sia stata definita una procedura di affido per i cinghiali presenti in città, informazione errata e "completamente inverosimile". La Rete italiana dei più rappresentativi rifugi per animali "da reddito" salvati dal macello chiede comunque spiegazioni. 

"Vogliamo sapere dove sono stati portati i quattro cinghiali catturati con gabbia trappola e cosa è loro successo"

"Inoltre, chiediamo di istituire un tavolo di lavoro a cui possano partecipare nostri referenti ed esperti in rappresentanza degli interessi degli animali e dei cittadini che hanno a cuore la sorte dei cinghiali, per contribuire in modo costruttivo alla redazione e al coordinamento di un progetto pilota nella colonia del Bisagno e di un protocollo di gestione della problematica dei suini "urbani" che sia efficiente, innovativo ed etico e possa essere replicato negli altri concentramenti di cinghiali a Genova e in altre città. Pertanto chiediamo di revocare immediatamente ogni intervento cruento in programma".

L'allontanamento per loro equivale alla morte, dato che li esporrebbe ad una vita a cui non sono abituati e al rischio di contrarre la peste suina, più concentrata al confine col Piemonte. La soluzione non è nemmeno da loro la caccia che non "ha" fatto altro che peggiorare il problema. E sul tema peste suina, sottolinea Sara d'Angelo, presidente della Rete: "Persino Ispra - l' lstituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale - evidenzia che la densità del cinghiale non ha effetti significativi sulla persistenza in natura della peste suina africana.

"La notevole resistenza del virus nell'ambiente fa sì che la malattia continui a circolare per anni, anche in popolazioni di cinghiale a densità bassissima (es. circa 0,5/km2)"

Per questo le richieste degli animalisti sono unanimi: che i cinghiali continuino a vivere lungo il Bisagno, gli altri torrenti genovesi e negli altri concentramenti urbani, che vengano potenziate le barriere per impedirne l'uscita in città, che venga studiato e predisposto un programma di limitazione delle nascite per contenere la popolazione dal punto di vista numerico magari tramite sterilizzazione chimica con farmaci anticoncezionali, che vengano implementate soluzioni preventive, come protezioni invalicabili nelle autostrade, che vengano installati cassonetti non rovesciabili, che venga istituito l'assoluto divieto di caccia nelle aree boschive intorno ai centri urbani (istituendo una sorta di Free Shot-Fire Zone) per evitare che gli animali fuggano, cercando cibo e rifugio in città.

 

 

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