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Altri possibili indizi contro Cecere dalla rivelazione di una cliente del commercialista: "Non era Nada nè la mamma o la zia di Soracco"
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CHIAVARI - Una misteriosa donna, quasi sicuramente l'assassino, all'ora del delitto di Nada Cella, rispose dallo studio a due telefonate effettuate da una cliente del commercialista.
Alla terza telefonata della stessa cliente a rispondere fu Soracco, nel frattempo arrivato nell'ufficio, che subito dopo diede l'allarme al 113 e alla mamma che era nell'abitazione del piano di sopra.

La sezione omicidi della polizia a distanza di 25 anni deve scoprire se a rispondere a quelle telefonate poteva essere stata Anna Lucia Cecere, l'ex insegnante indagata subito dopo il delitto avvenuto il 6 maggio del 1996 in via Marsala a Chiavari, archiviata e ora nuovamente iscritta sul registro degli indagati.

La donna è tornata ad essere sospettata grazie alla criminologa Antonella Pesce Delfino che è riuscita a fare riaprire il caso apprendendo che nell'abitazione della Cecere già allora i carabinieri avevano sequestrato cinque bottoni uguali a quello rinvenuto sporco di sangue sulla scena del delitto.
Un particolare, si scopre ora, accertato dai carabinieri ma che il magistrato di allora Filippo Gebbia, non aveva comunicato alla polizia titolare delle indagini.

La posizione della Cecere nel '96 era stata archiviata nel giro di poche settimane e i poliziotti della omicidi hanno appreso dei bottoni solo un anno fa. Ventiquattro anni dopo il delitto.

A telefonare nello studio il 6 maggio del '96 era stata una impiegata comunale addetta all'Ufficio Acquedotto di Chiavari, Giuseppina V.,  che voleva chiedere informazioni su una dichiarazione dei redditi.

Fra le 8,40 e 8,45 aveva chiamato due volte senza ricevere risposte, ipotizzando che l'ufficio potesse aprire alle 9 poi aveva richiamato subito dopo quell'ora.
 
Aveva risposto una voce femminile che, con tono seccato, alla domanda se fosse lo studio Soracco aveva risposto "ma, no!" per poi riagganciare subito.

La cliente dopo avere controllato in modo attento il numero aveva richiamato: ma dall'altra parte del filo c'era la stessa donna di prima, ancora più agitata che dopo avere ribadito con un secco no che non era lo studio Soracco aveva riagganciato senza dare possibilità di replica.

L'impiegata, convinta di avere sbagliato il numero, "forse sono ancora mezza addormentata", aveva detto a un collega al suo fianco, si era andata a prendere un caffè al bar.  Aveva richiamato dopo alcuni minuti controllando ancora meglio il numero, di fatto lo stesso composto prima.
Stavolta a rispondere era stato Soracco, nel frattempo arrivato in ufficio, che l'aveva invitata a richiamare perché la sua segretaria era stata appena aggredita.

L'indagine ha chiarito che l'omicidio è avvenuto alle 9.01: l'ora in cui l'inquilina Lavagno che abitava sotto lo studio sente un forte rumore provenire da sopra. Soracco invece era entrato nello studio dopo le 9.10 e, accortosi dell'aggressione, aveva telefona al 113 alle 9.15.

Dunque Giuseppina V. potrebbe avere telefonato subito dopo l'omicidio e poco prima dell'arrivo del commercialista: quando nello studio con Nada agonizzante c'era solo l'assassino, o l'assassina, forse la stessa persona che ha risposto alla cliente.

Rimane da chiedersi perché un killer si preoccupi di rispondere al telefono in un momento così drammatico: forse per non fare squillare il telefono a cui doveva rispondere Nada e non fare scattare l'allarme per l'aggressione.

A coordinare l'inchiesta bis è il procuratore capo facenti funzioni Francesco Pinto e il sostituto procuratore Gabriella Dotto.

Fra gli accertamenti non svolti nel '96 quelli scientifici sullo scooter della Cecere, avviati solo ora anche con l'ausilio di tecniche non possibili allora: il luminol che rivela tracce biologiche come il sangue e l'identificazione del codice genetico, il dna, diverso da ogni individuo, la firma di un assassino se rinvenuta sulla scena di un delitto.

Perché 25 anni fa non furono svolti gli esami sullo scooter non è stato chiarito: eppure in una delle due telefonate anonime e nella testimonianza di una mendicante (ora deceduta) che fecero finire Cecere subito sotto inchiesta si diceva che la donna era stata vista la mattina del delitto allontanarsi dal palazzo con l'aria sconvolta e una ferita ad una mano proprio mentre saliva sul suo scooter, posto sotto sequestro solo due mesi fa a Boves, nel cuneese, dove la donna si è trasferita un anno dopo il delitto.