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La situazione preoccupa il governo che nel mentre porta avanti un dossier intra-ministeriale utile a capire come procedere per non far chiudere lo stabilimento di Taranto, e di conseguenza anche quello di Genova
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GENOVA - Giornate cruciali per determinare il futuro dell'ex Ilva. Il consiglio di amministrazione di Acciaierie d'Italia si prepara a incontrarsi per la quarta volta nel giro di poche settimana: il 23 e il 28 novembre non è uscita nessuna buona notizia così come lo scorso 6 dicembre. Sembra ormai chiaro che il socio di maggioranza, i franco-indiani di Arcelor Mittal, non intendano proseguire oltre e chiamano indirettamente in causa lo Stato italiano che con la controllata Invitalia gestisce il 38% delle quote di Acciaierie d'Italia.

La situazione preoccupa il governo che nel mentre porta avanti un dossier intra-ministeriale utile a capire come procedere per non far chiudere lo stabilimento di Taranto, e di conseguenza anche quelli di Genova, Novi Ligure, Racconigi e Marghera. Per questo il prossimo mercoledì 20 dicembre una delegazione del governo incontrerà a Palazzo Chigi (ore 11) le organizzazioni sindacali per un esame della situazione. Convocati all'incontro i rappresentanti di Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm-Uil, Ugl e Usb.

Due giorni dopo, il 22 dicembre, sarà l'ora X con il nuovo incontro tra i vertici di Acciaierie d'Italia, quarta partita dell'eterno cda iniziato un mese prima. La situazione continua a preoccupare i lavoratori del comparto siderurgico italiano. Se Arcelor Mittal si sta tirando fuori e continua a non voler investire risorse è il governo chiamato a dare delle risposte. Una vertenza che a Genova riguarda mille lavoratori a cui si aggiungono gli oltre 200 di Ilva in amministrazione straordinaria che in estate sarebbero dovuti rientrare nel gruppo dopo anni di lavori di pubblica utilità.

Servono 300 milioni subito per rilanciare la produzione e pagare la fornitura di gas. Ma il discorso si è arenato su chi deve mettere quella cifra. Arcelor Mittal vorrebbe che lo facesse Invitalia in modo anche da considerare quelle risorse parte del percorso per invertire le quote in mano alle due realtà che compongono Acciaierie d'Italia, appunto Arcelor Mittale e Invitalia. A quel punto sarebbe lo Stato a prendersi il 60% delle quote e gestire il futuro della siderurgia. In questa partita lo Stato potrebbe scegliere il nuovo amministratore delegato. Un modo per salutare e dare il ben servito all'attuale Lucia Morselli, mai ben vista all'interno degli stabilimenti dell'ex Ilva. In questi mesi da Invitalia sono stati immessi in Acciaierie d'Italia circa 680 milioni mentre da Arcelor Mittal appena 70.

Il governo però deve trovare una soluzione per sbloccare lo stallo. Il vertice tra i ministri del Made in Italy Adolfo Urso, dell'Economia Giancarlo Giorgetti e il ministro per la Coesione e il Pnrr Raffaelle Fitto ha avuto proprio l'obiettivo di affrontare le tematiche più imminenti.

Per questo dai sindacati arriva l'appello al governo a prendersi le responsabilità e trovare soluzioni idonee per garantire il futuro della siderurgia in Italia. La Fim Cisl denuncia "la situazione drammatica che si vive a Cornigliano dove non c'è più zinco e mancano anche le bottigliette d'acqua" (Leggi qui)

Armando Palombo della rsu Fiom Cgil spiega: "È una questione che si sta giocando prevalentemente su Taranto dove sono presenti delle situazioni ancora irrisolte come il sequestro degli impianti e altre situazioni giudiziarie. Non c'è un'azienda riesca ad avere un finanziamento delle banche. In questa palude la situazione di Taranto è ancora più complicata. Oggi Genova invece che lavorare un milione di tonnellate come potrebbe ne lavora 200 mila".

Inoltre a Genova lavoratori e sindacati denunciano da tempo la mancanza di investimenti e le precarie condizioni di sicurezza. È lunga la lista di incidenti che si sono susseguiti nel tempo all’interno dello stabilimento. “Uno stabilimento che lavora al 20% delle sue possibilità nonostante il mercato sia vivo”. Banda stagnata e produzione di latta le due peculiarità prodotte a Genova.

LA SITUAZIONE - Per portare avanti il processo di de-carbonizzazione sono necessari 5,5 miliardi di euro e intanto per il 2023 erano stati annunciate 4 milioni di tonnellate ma ci si fermerà a 3 milioni. Nel 2024 il piano prevede di arrivare a 5 milioni di tonnellate, ma a queste condizioni i sindacati vedono il dato lontano da raggiungere. Lo Stato ha spiegato di essere pronto a fare la sua parte per avviare il processo. I sindacati a Genova hanno denunciato la mancanza di pezzi di ricambio, fatto che genera il fermo dell'impianto, inoltre è sotto la produzione prevista la banda stagnata, fondamentale per lo stabilimento di Cornigliano perché è l'unico in Italia capace di produrla. 

A Genova si è anche aperta la possibilità di rivedere l'accordo di programma che regola tra le altre cose la gestione delle aree ex Ilva a patto di conservare il reddito dei lavoratori. L'accordo di programma e le aree ex Ilva sono al centro del dibattito in questi mesi. Su quelle aree c'è l'interesse di molti, si parla di quasi 1.000.000 metri, quadri vicine all'aeroporto e vicine all'autostrada, sul mare e fornite di banchina. Un accordo che prevedeva occupazione per 2500 lavoratori dello stabilimento di Genova Cornigliano, oggi in realtà sono circa 1000 più 200 in amministrazione straordinaria.