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A causa della segretezza dello sterminio, le cui ragioni non furono mai esplicate dai tedeschi, coadiuvati in questa efferata azione dal capo delle Bande Nere di Chiavari Vito Spiotta, risultò molto difficile risalire all'identità delle vittime
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PORTOFINO - Si è celebrata oggi a Portofino la cerimonia di commemorazione dell'eccidio dell'Olivetta. Al termine della messa in suffragio celebrata da don Alessandro Giosso, le autorità presenti hanno raggiunto in battello la spiaggia nel luogo in cui 79 anni fa avvenne la fucilazione di ventidue prigionieri politici da parte dei nazifascisti.

Dopo la deposizione delle corone di rose davanti alla lapide in memoria delle vittime, le celebrazioni sono poi proseguite in Piazzetta, sulle note della Filarmonica musicale "Cristoforo Colombo" di Santa Margherita Ligure, dove hanno preso la parola il vice sindaco Giorgio D'Alia e la consigliera Metropolitana della Città di Genova Laura Repetto.

"Ogni anno ci ritroviamo qui per ricordare le ventidue vittime di quel terribile eccidio - spiega il vice sindaco di Portofino, Giorgio D'Alia -. Un ricordo che ogni anno tramandiamo per tenerlo vivo nelle coscienze affinché certi crimini non si ripetano più".

Presenti anche rappresentanze dei Comuni di Recco, Santa Margherita Ligure e Chiavari con i rispettivi gonfaloni. Nella notte tra il 2 e il 3 dicembre 1944, ricorda in una nota il Comune di Portofino, furono fucilati sulla spiaggia dell'Olivetta ventidue prigionieri politici prelevati dalla IV sezione del carcere di Marassi. Fu la Sicherheitspolizei di Genova, comandata dal colonnello Siegfried Engel, a prelevare dal carcere genovese di Marassi i 21 partigiani e un civile e a condurli al castello di San Giorgio di Portofino, sede di un distaccamento della Kriegsmarine. Legati l'uno all'altro con filo di ferro, i corpi delle vittime furono caricati su barche e, zavorrati con pesanti pietre, gettati al largo in mare. I cadaveri vennero gettati in mare da una barca nella cala dell'Olivetta.

A causa della segretezza dello sterminio, le cui ragioni non furono mai esplicate dai tedeschi, coadiuvati in questa efferata azione da Vito Spiotta, capo delle Bande Nere di Chiavari, risultò molto difficile risalire all'identità delle vittime, per la cui identificazione si adoperò nel dopoguerra il vice questore della Liberazione Gelasio Adamoli divenuto successivamente Sindaco di Genova.