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I sindacati incontrano Regione e Comune per presentare un documento che garantisca la vocazione siderurgica agli spazi dello stabilimento di Cornigliano. Appice (rsu Fim Cisl): "Lo Stato come socio minoranza mette i soldi e Mittal non fa nulla, è un paradosso"
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GENOVA - Giovedì a Milano nuova tappa della vicenda ex Ilva. In viale Certosa il consiglio di amministrazione di Acciaierie d'Italia di riunirà e potrà dare nuove indicazioni sul futuro del gruppo oggi in mano a Mittal per il 62% con il resto in mano alla società del tesoro Invitalia controllata dallo Stato. Diversi i possibili scenari. Intanto Genova giovedì scorso è tornata a far sentire la sua voce con un'assemblea e il blocco di un'ora dell'accesso alla rotatoria dell'aeroporto. "Basta trattative segrete" lo slogan della protesta (Leggi qui).

Nell'attesa di capire le possibili svolte determinate dal cda di Acciaierie d'Italia che vedrà seduti allo stesso tavolo membri della controllata dello Stato Invitalia e i vertici Mittal, questo lunedì i sindacati genovesi incontreranno Regione e Comune a Palazzo Tursi. Al centro un documento con scritto nero su bianco l'impegno da parte delle istituzioni locali di tutelare le aree dello stabilimento di Cornigliano alla produzione siderurgica. Si parla di un milione di metri quadri oggi vincolati dall'accordo di programma ma che nel corso del tempo potrebbero essere 'sacrificate alla siderurgia' per essere dedicate ad altro. In questo senso un mese e mezzo fa è arrivata un'apertura se nel corso di un anno non ci saranno modifiche pur di salvare il reddito e l'occupazione (Leggi qui).

"Proveremo a vincolare gli amministratori locali con un documento che indica che le aree di Cornigliano dovranno rimanere a disposizione della siderurgia. Perché il rischio è che gli amministratori locali abbiamo già pensato di fare altro su quegli spazi - spiega Nicola Appice, coordinamento rsu Fim Cisl -. Ma qualsiasi altra attività non porterà la stessa ricchezza e occupazione che può dare l'industria siderurgica".

Dalla Regione con il governatore Giovanni Toti era arrivata la certezza che l'impegno primario è garantire il proseguo della siderurgia. Ma sulle quelle aree ci sono già gli occhi puntati di diverse attività di ambito manifatturiero, logistico e semi lavorazione (Leggi qui). Mentre il sindaco Marco Bucci aveva detto che delle aree ex Ilva ne parlerà con l'ex Ilva (Leggi qui).

In questo caso ci potrebbe poi l'intenzione di rivedere anche la logistica interna delle aree anche rivedendo la disposizione delle strutture e della palazzine presenti all'interno delle vaste aree in modo da ottimizzare gli spazi impiegati dalla siderurgia avvicinando tra loro i comparti al fine di creare altri spazi da utilizzare per nuovi insediamenti produttivi. In questo caso però si parla di interventi strutturali e costosi.

Giovedì una delegazione genovese raggiungerà Milano per far sentire la propria voce. "Il paradosso di questa situazione è che il socio pubblico di minoranza (lo Stato ndr) mette i soldi che vengono gestiti dal socio privato che nel mentre non mette nulla. Questa è un'anomalia che deve essere chiarita - spiega ancora Appice della rsu Fm Cisl -. Negli stabilimenti non vediamo nessun miglioramento, vengono riparati i macchianari solo quando non ci sono alternative. Si continua a rattopare, si usano mezzi vecchi che si rompono nuovamente, si tengono su degli impianti che dovrebbero essere aggiustati".

Gli scenari del post cda prevedono da una parte il possibile rilancio degli investimenti da parte di Mittal in modo da prevedere il processo di de-carbonizzazione. Dall'altra c'è sempre in campo l'ipotesi di uno Stato che potrebbe al contrario decidere di salire di quota sfruttando le risorse fin qui messe a disposizione, ma questa appare un'ipotesi sempre più lontana. Il terzo scenario è quello di uno Stato che lascia completamente in mano la gestione a Mittal. "Questo sarebbe pericoloso - spiega Appice - perché nel tempo hanno sempre dimostrato di non rispettare gli impegni presi contribuendo a distruggere tutto".

La produzione della banda stagnata e dello zincato sono una peculiarità che lo stabilimento genovese può vantare. Ma ipotizzare un futuro slegato da Taranto appare un rischio come spiega il coordinatore rsu della Fim Cisl Appice: "Il materiale come viene inviato da Taranto può arrivare da altre parti, la stessa Mittal ci ha fatto arrivare in passato il materiale dalla Francia. Ma è pericoloso perché se ti stacchi da Taranto si rischia di creare un insediamento con meno persone e che possono essere attaccate più facilmente. Una multinazionale a quel punto potrebbe chiudere uno stabilimento per poi ricollocarlo da un'altra parte".

A Genova viene denunciata dai lavoratori la scarsa sicurezza e la mancanza di lavoro con lo stabilimento che viaggia al 20% del suo potenziale. In seno agli stabilimenti ex Ilva prosegue la preoccupazione. Per portare avanti il processo di de-carbonizzazione sono necessari 5,5 miliardi di euro e intanto per il 2023 erano stati annunciate 4 milioni di tonnellate di produzione ma ci si fermerà a 3 milioni. Nel 2024 il piano prevede di arrivare a 5 milioni di tonnellate. 

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