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A Genova come a Taranto e Novi prosegue lo stato di agitazione. I sindacati a questo punto chiedono al governo di forzare la mano con l'azienda visto che tra le parti appare esserci ormai una rottura totale di vedute
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ROMA - Il futuro dell'ex Ilva, oggi Acciaierie d'Italia, al centro dell'agenda nazionale, anzi no. Sale la tensione attorno al futuro della produzione dell'acciaio in Italia. Dopo l'ultima grande manifestazione a Roma era stato assicurato un incontro da parte del governo tra tutte le parti per cercare di avere chiarezza sui piani industriali. 

Ma la convocazione entro il 7 novembre per Acciaierie d'Italia non è arrivata da parte di Palazzo Chigi e allora le tre sigle metalmeccaniche Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm hanno deciso di recarsi comunque questo martedì sotto la sede del governo. A Genova come a Taranto e Novi prosegue lo stato di agitazione. I sindacati a questo punto chiedono al governo di forzare la mano con l'azienda visto che tra le parti appare esserci ormai una rottura totale di vedute. Attualmente Mittal controlla il 62% di Acciaierie Italia e un altro 32% è in mano alla società del tesoro Invitalia controllata dallo Stato

L'esecutivo ha mandato negli scorsi giorni un messaggio diretto all'amministratore delegato di Acciaierie d'Italia Lucia Morselli chiedendo che si metta un freno ai tanti incidenti occorsi in queste ultime settimane all'interno degli stabilimenti e che venga dunque garantita la sicurezza a tutti i lavoratori.

Nello stabilimento di Genova Cornigliano si sono infatti ripetuti diversi casi di incidenti sul lavoro. Ma quello della sicurezza è una delle principali battaglie che sindacati e rsu stanno portando avanti. Tra l'azienda e i rappresentanti dei lavoratori c'è stato anche uno scontro verbale nel caso di uno degli ultimi incidenti avventi all'interno dello stabilimento.

E poi c'è la partita legata al piano industriale con il rilancio dell'attività e gli investimenti utili a dare forza a una produzione che a Genova si è piantata. A Cornigliano sono circa mille i lavoratori impegnati nello stabilimento. 

A livello nazionale l'ex Ilva non vive sogni sereni, per portare avanti il processo di de-carbonizzazione sono necessari 5,5 miliardi di euro e intanto per il 2023 erano stati annunciate 4 milioni di tonnellate ma ci si fermerà a 3 milioni. Nel 2024 il piano prevede di arrivare a 5 milioni di tonnellate, ma a queste condizioni i sindacati vedono il dato lontano da raggiungere.

A Genova ci sono impianti per lo zincato che potrebbero produrre fino a un milione di tonnellate ma il taglio della produzione porta a nemmeno 200 mila tonnellate prodotte.

I sindacati in accordo con i lavoratori hanno aperto alla possibilità di rivedere l'accordo di programma che regola aspetti quali le aree dell'ex Ilva a Genova a patto di garantire occupazione e un reddito a tutti i lavoratori dello stabilimento. Aree di un milione di metri quadrati su cui c'è l'interesse di diverse aziende.     

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