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Di questi, 150 erano nella zona del Centro Storico
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GENOVA - In tre anni a Genova oltre 300 saracinesche sono state tirate giù per l'ultima volta. Il capoluogo, dal 2019 a questa parte, ha infatti visto chiudere trecento attività commerciali, di cui metà nella zona del centro storico.

È il dato che emerge in occasione dell'ottava edizione dell'uscita dell'Osservatorio sulla demografia d'impresa nelle città italiane di Confcommercio, con il contributo del Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne. Lo studio ha osservato 120 comuni medio-grandi andando a dividere le imprese insediate all'interno dei centri storici da quelle in aree cittadine.

E proprio nelle aree cittadine Genova registra, dal 2012, la perdita di 1.358 negozi. Dai dati si evince anche che il mondo dell'accoglienza, necessario al turismo (di qualsiasi tipo), registra una tenuta: i problemi si ritrovano nel commercio al dettaglio, dove si è registrato un sostanziale calo demografico.

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"Si ritiene necessario puntare alla concertazione di chi rappresenta il commercio in tutte le sue declinazioni e la pubblica amministrazione - ha detto Alessandro Cavo, vice presidente vicario di Confcommercio Genova -, chiedendo di tenere in considerazione le osservazioni che, con immensa fatica, la nostra Confcommercio porta a tutela del tessuto commerciale che rappresenta, confrontandosi quotidianamente con gli imprenditori sul territorio.

"Proprio per questi motivi siamo stati ulteriormente attori nel promuovere la Campagna #comprasottocasa, volta a sensibilizzare i cittadini su quanto sia importante in un mondo green andare a supportare le attività che rendono vivi i quartieri ma che, di contro, si devono adeguare
ai tempi correnti. Pensiamo infatti che il modello della città dei 15 minuti parta dalla vivibilità del tessuto sociale che si integra proprio con i servizi dei negozi di vicinato - continua Cavo -, coniugati imprescindibilmente ad una serie di infrastrutture che rendono vivibile e fruibile l'area e che, solo supportata da infrastrutture adeguate, può dare vita ad una vera rigenerazione urbana dove, andando a sensibilizzare l'utente finale su come sia negativo continuare nell’acquisto on line che vede le nostre strade, vie e piazze sempre più inondate di furgoni per le consegne di tutto l'e-commerce che va a depauperare il tessuto commerciale ma anche la vivibilità di interi quartieri , inoltre occorre anche agire in modo deciso contro il degrado poiché solo così si generano le condizioni affinché possano attecchire iniziative agevolative nei confronti del piccolo commercio".

"Le amministrazioni devono finalmente accorgersi di come una città smart, green e ecologicamente sostenibile non possa prescindere dalla tutela dei negozi di vicinato, infatti i cambiamenti nelle preferenze e nelle abitudini di acquisto e consumo, le scelte commerciali e localizzative della grande distribuzione e delle superfici specializzate, lo sviluppo del commercio online appena citato e altri fattori stanno cambiando volto alle nostre città e ai centri storici in particolare, con meno insediamenti del commercio tradizionale e più servizi e con differenti dinamiche tra le aree geografiche del Paese".

 

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