
Nel giorno della festa per le celebrazioni di San Giovanni Battista il testo del discorso alla città dell'Arcivescovo di Genova Marco Tasca.
"Cari fratelli e sorelle, pace e bene! Grazie per la vostra presenza nella solennità di San Giovanni Battista, nostro patrono. Fra poco le ceneri del Precursore lasceranno la chiesa cattedrale, attraverseranno i vicoli della nostra città, giungeranno al cuore di essa, laddove la terra incontra il mare nella laboriosità del porto e si faranno tramite della benedizione del Signore che raggiungerà tutti noi, fedeli e non, genovesi e turisti, interessati e disinteressati, perché Dio, impastando la sua storia con quella dell’umanità, ha voluto raggiungere tutti, ogni donna e ogni uomo.
Proprio per questo, fedele a questa logica, la Chiesa di Genova desidera guardare alla realtà nella quale è immersa. Il suo compito è innanzitutto quello di incoraggiare e di stimolare tutti i suoi fedeli, alla luce del Vangelo, a rendersi protagonisti della vita sociale e politica perché contribuiscano, ciascuno con i propri talenti e le proprie capacità, a offrire risposte concrete a chi è in difficoltà per garantire che tutti possano vivere con dignità la propria vita, ma anche di spronare tutti gli uomini di buona volontà a rispondere al grido degli ultimi, spesso soffocato dall’indifferenza e dal fascino di molte distrazioni. Che segnali avvertiamo nella nostra città? Quali sfide vediamo, sentiamo, percepiamo? Partiamo analizzando tre principali criticità: povertà – lavoro – solitudine.
Povertà
Il primo aspetto sul quale ci soffermiamo è quello della povertà. Il criterio di fondo è garantire che tutti possano avere una vita dignitosa, con le stesse opportunità. È necessario impegnarsi affinché questa sia la preoccupazione di ogni cittadino, perché l'assistenza verso i più fragili non venga delegata a qualche intervento pubblico o a qualche associazione caritativa, ma diventi un impegno costante e una preoccupazione di tutti. La comunità nel suo insieme deve garantire che lo sviluppo e il benessere dei propri cittadini sia perseguito in modo inclusivo, con modalità partecipative, senza lasciare nessuno ai margini della società. Purtroppo, da questo punto di vista, la situazione appare piuttosto critica e in peggioramento. Lo è per le persone in povertà “assoluta”, che attualmente a Genova sono circa 30.000 - come ci segnala la Caritas diocesana - con un forte aumento della povertà minorile e con particolare pressione su famiglie con figli anche molto piccoli (0–3 anni).
Ma si sta presentando anche una nuova situazione di disagio: la povertà “relativa” del cosiddetto ceto medio, provocata dall'erosione del potere di acquisto. Sono aumentati i prezzi ma gli stipendi sono rimasti sostanzialmente invariati. Anche chi ha il lavoro, spesso ha difficoltà ad arrivare alla fine del mese (mi riferisco ai cosiddetti working poor). Molte famiglie si trovano intrappolate in una situazione senza via di uscita: non riescono a fronteggiare le spese crescenti, ma non sono “abbastanza povere” per poter accedere ai sussidi e agli aiuti previsti dalla legge. Sono famiglie che vivono una povertà “silenziosa”, che genera problematiche psicologiche e relazionali rendendo ulteriormente pesanti le condizioni di vita.
Particolarmente grave è l’emergenza casa. In un recente convegno, è emerso che in città attualmente si registrano circa 2.000 richieste di sfratto, in gran parte per morosità. Le persone sfrattate difficilmente sono ricollocabili in altri appartamenti, poiché le loro condizioni economiche non permettono garanzie sufficienti per poter firmare contratti d'affitto e, molto spesso, finiscono in strada. Le categorie di persone che chiedono aiuto alle nostre strutture per questo problema sono abbastanza eterogenee. Stiamo però riscontrando che donne anziane, spesso vedove con piccole pensioni di reversibilità, si trovano sempre più spesso a dover affrontare queste difficoltà: o pagano le bollette delle utenze e le spese per il cibo, o pagano l'affitto e le rate dell'amministrazione condominiale. Per far quadrare i conti si ritardano i pagamenti, si fanno acquisti a rate, si chiedono prestiti, magari a usura, e ben 3 persone su 10 rinunciano alle cure. Il 32,1% di chi si trova in difficoltà economica ricorre alla famiglia d’origine (dati Eurispes). Purtroppo, questa copertura non sempre è possibile. Secondo alcuni dati Istat, infatti, Genova si distingue per nuclei sempre più piccoli e più fragili. Si registra un'alta percentuale di single e sono molti gli anziani che vivono da soli; in media ogni famiglia è composta da meno di due persone (1,93). Le madri sole sono il 21,2% e il 5,8% i padri soli con un figlio. Esistono dunque tante situazioni, spesso nascoste, in cui l’importante è sopravvivere piuttosto che costruirsi un futuro, situazioni in cui si è costretti a rinviare la formazione di una nuova famiglia, il matrimonio, i figli o l’iscrizione all’università.
Lavoro
La seconda riflessione riguarda il lavoro. Ad un primo sguardo, l’occupazione non sembrerebbe, oggi, una criticità. Gli ultimi dati appaiono confortanti per tutto il paese. Rispetto alla media italiana, a Genova il tasso di occupazione è più alto di 5 punti rispetto alla media nazionale. Tuttavia, questo dato positivo richiede due tipi di approfondimento. In primo luogo, l’aumento del tasso di occupazione è dato da una somma algebrica di variazioni talora positive, talora negative: lo influenzano per esempio la fascia di età, il grado di istruzione e le differenze territoriali. Il risultato finale è positivo, ma a fronte dei vantaggi di alcuni, stanno gli svantaggi di altri. Nel dettaglio: l’aumento dell’occupazione nel nostro territorio riguarda principalmente maschi di età maggiore ai 45 anni. Sono, invece, relativamente più svantaggiati i giovani e le donne. Tra i giovani il lavoro varia a seconda del titolo di studio: a Genova, i laureati hanno un tasso di occupazione di quasi 16 punti in più rispetto a quello dei diplomati (che si ferma soltanto al 60%). I laureati, inoltre, ottengono più facilmente posti di lavoro stabili rispetto ai diplomati. Ulteriore disagio si registra per le donne che, a prescindere dal titolo di studio, sperimentano almeno una forma di vulnerabilità lavorativa: il parttime, per esempio, coinvolge il 30% delle donne e spesso non è una scelta. Abbiamo visto che il titolo di studio è determinante per trovare un buon lavoro. E da questo punto di vista, Genova è ben posizionata, con un tasso di laureati giovani superiore di quasi 5 punti rispetto alla media italiana. Una ulteriore conferma proviene dall’Indagine Alma Laurea: i laureati UniGe sotto i 34 anni ottengono occupazione con tassi di stabilità contrattuale superiori alla media nazionale. Purtroppo, non tutti hanno le stesse opportunità di arrivare a un titolo di studio che permetta poi di avere un’occupazione dignitosa A Genova esistono ampie differenze nelle condizioni socio-economiche dei quartieri della città. Queste differenze generano disuguaglianze di opportunità molto rilevanti a seconda della zona in cui si abita. Risulta anche molto diversa a seconda dei quartieri la percentuale di NEET (sono giovani di età 15-29 anni che non studiano né lavorano), che in media è del 10% ma che in alcuni casi arriva al 28%: questo vuol dire che quasi un terzo dei giovani sono completamente sconnessi da studio e lavoro… con conseguenze che possiamo immaginare. In secondo luogo, è importante capire in quale settore sta aumentando l’occupazione. A Genova, in questo momento il terziario (inclusi turismo e servizi avanzati) domina nettamente, con oltre il 60% dei lavoratori, mentre si è ridotta moltissimo l’occupazione nell’industria. Sappiamo bene quanto invece proprio il tessuto manifatturiero sia quello che garantisce stabilità di lavoro con un alto tasso di occupati a tempo indeterminato. Solo con l'aumento della produttività possono aumentare salari e stipendi. Se la produttività non aumenta questo non può avvenire! Questo sbilanciamento crea alcune criticità. Non dimentichiamoci che a Genova il tessuto industriale negli anni si è notevolmente ridimensionato. Il turismo, come ci dicono i dati, è un settore a bassa produttività che occupa molti lavoratori precari e sottopagati, con scarsa innovazione e bassi salari. Inoltre, in alcuni casi, il turismo sembra alimentare rendite per i benestanti - che trasformano case e alloggi in B&B - e aumentare gli affitti ordinari. Questo contribuisce ad aggravare l’emergenza casa per molte famiglie, e rende difficile la presenza di giovani studenti universitari. Benché attratti dall’offerta formativa di qualità della nostra Università e dei centri di ricerca avanzati, molti giovani non possono permettersi certi canoni d'affitto. È evidente che il turismo, vista anche la particolarità del nostro territorio, deve rimanere una attività importante, ma a condizione di far parte di un sistema produttivo articolato, dove si creino anche molte opportunità di lavoro “buono”, in settori ad alto valore aggiunto, generando una crescita in grado di aumentare anche le retribuzioni per le famiglie più fragili. A questo proposito, esprimiamo una preoccupazione che è data dalla crescita sproporzionata dell'industria militare che si alimenta anche con i conflitti bellici (sono 61 i focolai di guerra accesi in tutto il mondo) che stanno devastando anche parte della nostra Europa e del vicino MedioOriente. Nel periodo natalizio, il Tavolo Giustizia, Pace e Integrità del Creato ha lanciato l’appello “Il coraggio della pace”, mettendo bene in evidenza i limiti imposti dalla Costituzione Italiana che all'art. 11 recita testualmente: "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali…”. A noi pare, però, che questi confini siano purtroppo oltrepassati da una visione politica che riconosce nella guerra un mezzo per risolvere le controversie, e che permette a molte aziende che operano nel mercato degli armamenti di accrescere a dismisura i propri profitti, ingenerando anche questioni etiche e morali nei propri lavoratori.
Solitudine
Il terzo aspetto che vogliamo richiamare è quello della solitudine, che appare collegata principalmente alle persone anziane. Anche in questo caso emergono luci e ombre. L’aspetto positivo è che le persone vivono più a lungo e con una maggiore possibilità di essere in salute e quindi ancora attive. Questo significa che hanno funzionato le campagne di prevenzione ai corretti stili di vita sui quali tanto si sta insistendo. Ma anche in questo caso, a questo aspetto positivo si abbina un aspetto negativo. Uno studio del quotidiano Il Sole 24 Ore pone il capoluogo ligure sul “podio” della solitudine: le persone sole a Genova sono il 47% del totale. Questo dato fa perdere punti nella classifica sulla qualità della vita delle città italiane. Gli abitanti sono più anziani, vivono in contesti poco stimolanti a livello sociale e culturale e anche se non oggettivamente soli si “sentono” più soli, disconnessi dalla comunità, non riconosciuti Purtroppo, la solitudine è un fenomeno che non si limita agli anziani, ma colpisce sempre più anche i giovani. Da una recente ricerca condotta dall’Ipsos per l’Istituto Toniolo dell’Università Cattolica emerge che più della metà dei giovani italiani ha un livello bassissimo di speranza nel futuro. Le nuove generazioni vivono problemi esistenziali tra crisi di senso, disturbi di umore e ansia e assenza di comunità: “il male planetario di questa generazione in erba è, ovunque, la solitudine diffusa, l’isolamento, il ripiegamento su se stessi. Quando però si riesce a infrangere questo muro, trovando una comunità, tutto sembra tornare nella norma”.
Alcune riflessioni
Abbiamo visto come la situazione attuale sia caratterizzata ancora da molte ombre, ma si cominci a vedere anche qualche segnale incoraggiante. Sono questi i segnali che devono avviarci con spirito positivo in questo “cambio d’epoca”, come lo definiva Papa Francesco. Il cambiamento può essere qualcosa di affascinante e di entusiasmante se, insieme, proviamo a generare nuovi processi e a percorrere strade nuove. Dobbiamo imparare a lavorare in squadra con tutte le componenti della nostra società; abbiamo cominciato a capire che non basta che qualcuno corra troppo ma da solo, ma che per arrivare alla meta dobbiamo sforzarci di camminare “insieme”. Già molti lo stanno facendo da anni. Esiste a Genova una rete sociale che opera quotidianamente nel silenzio e con instancabile operosità, nella logica del Vangelo. Anche fuori dal perimetro istituzionale della Chiesa ci sono tanti segni concreti che sono semi di speranza: volontari, scuole, associazioni, operatori sanitari, singole persone che si impegnano quotidianamente nella loro professione, che donano tempo e competenze per aiutare chi vive ai margini, cercando di restituire vita e bellezza a luoghi trascurati, a storie dimenticate, provando a risollevare vite che hanno perso la speranza. Genova ha una lunga tradizione di bene che continua anche oggi e che pone la nostra città ai primi posti nel Rapporto ISTAT sul Benessere Equo e sostenibile in particolare rispetto alla partecipazione sociale e al sostegno informale Il cammino della Chiesa che è in Genova Anche la Chiesa che è in Genova cammina con la Città e si pone con fiducia in questo cambiamento d’epoca. Nella mia Lettera Pastorale “Evangelizzazione, Sinodalità e Fraternità di Parrocchie”, che ho presentato alla Diocesi proprio un anno fa, ho voluto sottolineare come, nonostante alcuni dati possano destare preoccupazione – e mi riferisco in particolare al calo del numero dei presbiteri - si possa guardare al futuro con speranza. Nel corso di questo Anno Pastorale, infatti, ha suscitato molta partecipazione - oltre 1.000 presenze nei diversi incontri - la Scuola di Formazione Unitaria che abbiamo proposto come cammino per tutti e che si è svolta in cinque sabati non solo qui in Cattedrale ma anche nelle Zone della Diocesi. Un segnale di come anche i fedeli laici, oggi, contribuiscano alla presenza della Chiesa e siano annunciatori del Vangelo con la loro testimonianza accanto ai presbiteri. Andremo avanti in questa direzione anche nel prossimo Anno Pastorale, sulla scia del Cammino Sinodale iniziato su impulso di Papa Francesco quattro anni fa e che ci vede impegnati insieme a tutta la Chiesa, in Italia e nel Mondo. Come dico anche nella mia Lettera Pastorale, stanno nascendo in Diocesi alcune “Fraternità di parrocchie”, ossia comunità parrocchiali territorialmente vicine e affidate ad un unico presbitero. Si tratta di un progetto già in essere in alcuni Vicariati cittadini, dove la corresponsabilità fra presbiteri, religiosi, diaconi e fedeli laici permette di mantenere vive le comunità conservandone le peculiarità e valorizzando la collaborazione, la sinergia e le relazioni. Quest’anno, poi, un grande obiettivo raggiunto è stata la partecipazione di tanti giovani al concorso promosso dalla Diocesi “La città che sogniamo”, che ha visto oltre 400 studenti impegnati a realizzare progetti concreti negli spazi in cui ogni giorno vivono, studiano, si incontrano. Quante idee, quanto impegno, quanta originalità in quei progetti, che speriamo possano diventare realtà per la nostra Genova. Da qualche mese, inoltre, tutta la nostra Curia Arcivescovile è impegnata in un cammino di riforma improntato alla fraternità e alla sinodalità. Abbiamo mosso i primi passi di un percorso che si concretizzerà nei prossimi anni e che ha l’obiettivo, in primo luogo, di favorire la conoscenza interpersonale e acquisire strumenti per lavorare insieme nei diversi contesti in cui siamo chiamati ad operare, per cercare di dare risposte sempre più adeguate nell’epoca di cambiamento che stiamo vivendo. Concludo sottolineando ancora una volta un tema a me molto caro, quello della relazione fra le persone: Chiesa, Istituzioni, cittadini, uomini e donne di buona volontà che hanno a cuore la nostra bella e amata città… insieme siamo chiamati a portare il nostro contributo per il bene comune, mettendo in gioco la parte migliore che ciascuno di noi custodisce nel cuore. San Giovanni Battista, nostro patrono, interceda per noi e la benedizione del Signore, per suo tramite, raggiunga tutti e ciascuno in questo giorno di festa e di grazia".
Marco Tasca arcivescovo
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