Cronaca

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Occhi blu, cappello da baseball e sguardo vispo: chi non lo conosceva lo ricorda così, perché questa è l’immagine che da un anno circola su tv e giornali. 16-marzo 2010: 365 giorni fa muore Alessandro Mathas, il bimbo di 8 mesi ucciso in un residence di Genova Nervi. Massacrato nella notte tra il 15 e il 16 marzo. Testa sfondata, bruciature di sigaretta su orecchie e pancia, lividi in tutto il corpo e un morso sul piedino. “Non ricordo”, ha sempre detto il broker Giovanni Antonio Rasero condannato in primo grado a 26 anni con l'accusa di omicio volontario mentre la madre del piccolo, Katerina Mathas, presente in quella maledetta notte nel residence, risulta indagata a piede libero per omicidio volontario. Rasero ha però sempre ammesso l’abuso, assieme alla Mathas, di alte quantità di droga.  E oggi, a distanza di un anno, i residenti di via Donaver – dove viveva Alessandro assieme alla famiglia di lei– lo ricordano così: "Era un bimbo che rideva sempre. Un bambino che tutti si fermavano a salutare per strada. C'è ancora troppo dolore". "Incredibile - hanno detto altri - cosa può fare la droga".E a distanza di un anno da quella notte, la tomba, a Staglieno, è circondata di giochi. All’interno della vetrina: peluches e angioletti di ceramica. Poco più in la, il suo ciuccio azzurro. Lo stesso che la mattina del 16 marzo 2010, dopo aver portato Ale – già morto – in ospedale, Rasero è tornato a prendere. Un gesto che ha lasciato di stucco anche la corte d’Assise durante il processo. “Ho pensato a lui”, ha detto durante il processo. Come ad ammettere, dopo lo shock e l’effetto della cocaina: “Come può un bambino morire così?". E sul fronte giudiziario poco prima di Pasqua si attendono le motivazioni della sentenza di primo grado.