Cronaca
Depositata la sentenza G8: "Alla Diaz non fu spedizione punitiva"
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Un blitz al di fuori di ogni principio di umanità, di ogni regola e previsione normativa, ma pur sempre disposto secondo i presupposti di legge. Violenze frutto di un complotto che non ebbero però carattere di spedizione punitiva o di rappresaglia, compiute da agenti consapevoli di poter agire senza alcuna conseguenza, e quindi nella certezza dell’impunità. Sono i punti principali delle motivazioni con cui i giudici del Tribunale di Genova hanno emesso la sentenza, lo scorso 13 novembre, al processo per l’irruzione della polizia alla scuola Diaz durante il G8 del 2001. “Quanto avvenuto in tutti i piani della scuola – si legge nelle oltre 300 pagine della motivazione – appare di notevole gravità sia sotto il profilo umano che legale. In uno stato di diritto non è accettabile che proprio coloro che dovrebbero essere i tutori dell’ordine e della legalità pongano in essere azioni lesive di tali entità, anche se in situazioni di particolare stress”. Una sentenza che portò a 16 assoluzioni, tra cui tutti i vertici della polizia, e a13 condanne, limitate ai vari agenti intervenuti quella notte. Una sentenza che, proprio per questo, provocò molte polemiche quando venne pronunciata. Ma il motivo che portò i giudici a assolvere i “capi” è spiegato: “A parte la carenza di prove concrete – scrivono – appare assai difficile che un simile progetto possa essere stato organizzato e portato a termine con l’accordo di un numero così rilevante di dirigenti, funzionari e operatori della polizia”. Secondo i giudici, anzi, i capi in servizio quella notte ben difficilmente avrebbero avvisato i giornalisti di quanto si stava compiendo se il loro ordine fosse stato quello di massacrare i manifestanti del G8. “Non è da escludersi – si legge sempre nella motivazione – che le violenze abbiano avuto un inizio spontaneo da parte di qualche agente, anche se la loro propagazione fu così diffusa grazie alla consapevolezza da parte degli operatori di agire in accordo con i loro superiori che comunque non li avrebbero denunciati”. (Davide Lentini)
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