Cronaca

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"Un giorno ti farò felice", le avrebbe detto Giordano Trenti, tempo fa. E l'idea era quella di uccidere il marito di lei facendo passare l'omicidio per un incidente di caccia e avere finalmente campo libero per conquistarla liberamente. E così ha fatto: ma poi, preso dal rimorso per aver ucciso l'amico, si è tolto la vita. Alla donna, Clara Maneschi, non è rimasto far altro che confessare il drammatico disegno che avevano studiato. E così dopo quasi sei ore di interrogatorio è crollata. Lei, 44 anni, impiegata, era la seconda moglie di Maurizio Cioni, il cacciatore ucciso con una fucilata nei boschi di Pallerone, vicino ad Aulla, in provincia di Massa. La donna, convocata nella caserma dei carabinieri di Pontremoli poco dopo la morte dell'amico Giordano Trenti, 50 anni, impiegato, morto suicida domenica ad Arcola dove abitava con la moglie ed i due figli, ha confessato ai militari la verità ed è stata arrestata. La donna ha raccontato ai carabinieri che con il marito Maurizio il rapporto era deteriorato: qualche volta Maurizio l'aveva anche picchiata, ma lei non lo aveva voluto denunciare perché aveva paura. Aveva però iniziato a confidarsi con l'amico di famiglia Giordano Trenti. Quest' ultimo, sempre secondo il racconto della donna, si era a poco a poco innamorato di lei e le aveva promesso che avrebbe sistemato le cose, che avrebbe ucciso il marito facendo passare il delitto per un incidente di caccia. E quando Clara, sabato 17 novembre, l'ha chiamato per dirgli che il marito stava andando a caccia da solo, Trenti ha preparato l'agguato all'amico nel bosco di Pallerone, proprio sopra il cimitero della frazione aullese. Secondo la ricostruzione dei carabinieri, Trenti avrebbe incontrato Cioni a Vezzano Ligure, in un ricovero per cani dove quest'ultimo teneva i suoi segugi, per sapere dove stesse andando con precisione. Poi gli avrebbe teso l'agguato nel bosco: gli ha sparato al petto, da una trentina di metri di distanza. Dopo l'omicidio, con il passare dei giorni, Trenti ha ceduto anche perché si sarebbe accorto che il suo amore non era corrisposto: di qui la decisione di uccidersi, con un fucile diverso da quello utilizzato per ammazzare Maurizio, ma con un colpo indirizzato nello stesso punto in cui aveva colpito l'amico: il petto. E' stato proprio il suicidio di Trenti a mettere gli inquirenti sulla strada giusta per risolvere quello che poteva sembrare un banale incidente di caccia o un un omicidio colposo, commesso da qualche bracconiere. In casa di Giordano Trenti i carabinieri avevano trovato un 'sabot' (l'involucro di plastica dei pallettoni per la caccia al cinghiale) dello stesso tipo di quello ritrovato nel bosco di Pallerone sotto il cadavere del Cioni. Ad aumentare i sospetti sono stati anche i biglietti trovati sul cadavere di Trenti: uno di questi parlava proprio della morte dell'amico: "Io non so chi abbia ucciso Maurizio, ma questa cosa non riesco a sopportarla". Non un'ammissione, ma un riferimento che ha fatto ulteriormente insospettire i militari che già erano a conoscenza di una telefonata tra la moglie di Cioni e Trenti poco prima del delitto. Così i militari hanno convocato Clara Maneschi in caserma e lei, dopo sei ore, è crollata. Ma l'indagine, condotta dal capitano Antonio Ciervo dei carabinieri di Pontremoli e coordinata dal pm Cinzia Perroni della Procura di Massa Carrara, non è finita: i militari vogliono capire se nel bosco, quel sabato, ci fosse anche una terza persona che forse conosceva anche Clara. Indagini sono in corso anche sul suicidio di Trenti.